In vista dell’ultimo scorcio di legislatura, abbiamo intervistato il politologo Marco Gervasoni, ordinario di Storia Contemporanea presso l’Università del Molise ed editorialista de “Il Giornale”, sulla possibilità e sulla volontà o meno di mettere mano alle riforme del sistema elettorale e costituzionale.
Prof. Gervasoni, l’attuale legge elettorale per un 1/3 maggioritaria e per 2/3 proporzionale, può garantire al contempo la governabilità e la rappresentatività?
Le leggi elettorali si collocano all’interno dei contesti politici e il contesto politico attuale è molto sfrangiato in cui non esiste nessun partito veramente dominante e perciò in questa situazione sarebbe molto difficile, anche per la coalizione data per vincente, raggiungere un’ampia maggioranza al Senato, ossia di almeno 20 o 30 senatori di più. Infatti, da quando è in vigore questa legge, nessun partito o coalizione è riuscito ad ottenerla, creando sempre problemi nella formazione dei governi.
Il taglio del numero dei parlamentari potrebbe avere un effetto totalmente maggioritario nell’attribuzione dei seggi alla coalizione vincente?
Il taglio parlamentari produrrà effetti a seconda di come sono disegnati e distribuiti i collegi pertanto di per sé non ha necessariamente un effetto maggioritario o proporzionale. Certo, le proiezioni di voto più recenti, collegate al taglio dei parlamentari davano un’ampia maggioranza alla coalizione di centrodestra e una forte crescita di Fratelli d’Italia ma è una ricostruzione del tutto teorica e bisognerà vedere, se l’attuale sistema elettorale sarà mantenuto, quali saranno gli effetti al momento del voto, che è ancora molto difficile da prevedere.
Qual è il miglior sistema elettorale da scegliere in abbinamento con un’eventuale riforma presidenziale o del premierato della forma di governo?
La migliore è senza dubbio quella presidenziale sul modello americano che attribuisca una forte autonomia, o poteri federali, alla regioni. In questo caso la legge elettorale assolutamente preferibile, secondo me, è quella proporzionale perché si avrebbe un presidente della Repubblica eletto direttamente dai cittadini, di fatto a capo dell’esecutivo, mentre le elezioni politiche servirebbero a comporre l’assemblea nazionale e poiché il potere legislativo sarebbe rigidamente separato dall’esecutivo, è fondamentale che in Parlamento siano rappresentate in maniera pluralistica tutte le forze politiche, da qui appunto la preferenza per il proporzionale in caso di scelta del presidenzialismo.
Professore, secondo Lei, in questo scorcio di legislatura, ci sono gli spazi per trovare un accordo tra i partiti su una riforma costituzionale e della legge elettorale?
Una riforma costituzionale in questo scorcio di legislatura appare impossibile perché nonostante la formazione del governo Draghi, le forze politiche che lo compongono sono e restano profondamente divise e per una legge di revisione costituzionale è necessario un importante consenso. Invece è possibile ma non probabile una riforma della legge elettorale ma anche in questo caso c’è un grande disaccordo di fondo tra PD e 5 Stelle che vogliono un sistema proporzionale che consentirebbe loro di andare alle elezioni politiche separati per poi allearsi dopo il voto, e il centrodestra, per il quale il proporzionale sarebbe un colpo durissimo perché di fatto farebbe finire la formula dell’alleanza e ogni partito, Lega Forza Italia e Fratelli d’Italia, andrebbe per conto suo. Tuttavia, al momento appare piuttosto improbabile che si metta mano, almeno finché ci sarà la pandemia, a una riforma della legge elettorale.