La Conferenza di Palermo dedicata alla Libia commentata con il direttore di ofcs.report Francesca Musacchio, tra i corrispondenti presenti al summit internazionale e una delle maggiori esperte della situazione politica del paese nordafricano
Otto anni dopo la primavera araba libica durante la quale Gheddafi venne rovesciato ed ucciso la Libia non ha ancora trovato stabilità. Cosa manca a questo Paese per imboccare la strada che hanno avviato Tunisia ed Egitto?
In Libia manca l’unità. Troppi gli attori in campo che reclamano il potere. Nel Paese esistono svariati gruppi, milizie e tribù. Non esiste un referente unico e sicuramente Serraj non è visto come leader da tutto il popolo libico. La sua figura, invece, è considerata come una forma di “colonialismo” della comunità internazionale in Libia. Rappresenta l’Onu e il governo nato sotto l’egida delle Nazioni Unite. E’ abbastanza ovvio che sia una figura divisiva. Ma questo aspetto, forse, non è ancora abbastanza chiaro alla comunità internazionale.
Qual è oggi la situazione politica in Libia?
Caos totale. In pratica tutti contro tutti. Ovviamente gli interessi economici, anche quelli legati al petrolio, sono uno dei motori che spingono alla guerra. Potere economico e politico si intrecciano, come è ovvio. Inoltre, la Libia è anche terra di conquista per gli jihadisti. L’Isis è presente con un numero, secondo alcune fonti, che oscilla tra le 400 e le 600 unità. Poi esistono le componenti islamiste, che per semplificazione non sono considerate “terroristi”, ma ricoprono egualmente un ruolo abbastanza equivoco.
Questo summit, al quale dovevano partecipare i capi di Stato e di Governo occidentali, ha visto numerose defezioni, in primis quella del Presidente francese Macron. Disinteresse o strategia?
Sulle assenze esistono più piani di interpretazione. Secondo una visione “diplomatica”, la conferenza è stata organizzata ad un livello che non prevedeva la partecipazione di figure come Macron o Putin ad esempio. Dall’altra parte, invece, c’è chi sostiene che alcuni Paesi abbiamo utilizzato una sorta di strategia per boicottare l’Italia. Altri, invece, ritengono che il nostro Paese abbia perso peso e credibilità e per questo alcuni Paesi hanno mandato esponenti di ‘livello inferiore’. Personalmente ritengo che potrebbe essere un mix tra le diverse visioni. E’ nota, ad esempio, la forma di boicottaggio che la Francia sta compiendo in Libia ai danni dell’Italia. E credo che anche in questo caso abbia remato contro. Dall’altra parte, invece, la Russia ha mandato una figura come il premier Medvedev. Mentre gli Usa un esponente non dello stesso livello. Quindi, strategia, biocottaggio e diplomazia hanno caratterizzato il profilo di questa Conferenza i cui risultati vedremo, probabilmente, tra qualche tempo.
La partecipazione del generale Haftar – che tu hai rilanciato per prima ieri sera – ha certamente contribuito a dare, nonostante la mancata partecipazione di alcuni leader internazionali, un senso a questa conferenza. Cosa sta emergendo e cosa emergerà da questi lavori?
Il generale Khalifa Haftar ha indubbiamente rubato la scena a tutti. L’ingresso trionfale a Villa Igeia ha subito fatto gridare alla buona riuscita della conferenza di Palermo. In sala stampa, ovviamente, la notizia del suo arrivo era circolata ma senza dettagli precisi. Non sapevamo, infatti, quando sarebbe arrivato. La sua apparizione, quindi, è stata accolta molto positivamente. Ma questa mattina, parlando con una tv libica, il generale ha preso in qualche modo le distanze dalla conferenza di Palermo. Fa parte del personaggio, certo, ma è anche un messaggio non molto distensivo. A conferma di ciò, non ha partecipato alla foto di gruppo finale con gli altri leader. Insomma, una serie di “colpi di scena” che hanno contribuito a mantenerlo al centro dell’attenzione. E credo che ce ne saranno ancora altri.
L’Italia è ancora il partner internazionale privilegiato della Libia? Il nostro Paese riuscirà ad arginare le ambizioni francesi nella nostra ex colonia?
L’Italia è costretta ad arginare la Francia se vogliamo continuare ad avere un peso in Libia, non solo a livello economico. Purtroppo Parigi continua a giocare sporco e lentamente il nostro ruolo previlegiato in Libia rischia di subire pesanti contraccolpi. Probabilmente, per tenere la posizione nel Paese nordafricano, dovremo prima ristabilire certi equilibri interni. Una volta chiariti ruoli e posizione all’interno delle nostre istituzioni, potremo essere più incisivi anche in Libia.