*A cura di Matteo Barbanera
Il giorno 23 giugno si è tenuta la Conferenza di Berlino 2 per provare a indicare un percorso condiviso tra i vari attori presenti in Libia, in vista anche delle elezioni in programma a dicembre. Questo incontro segue quello organizzato il 19 gennaio 2020, sempre a Berlino, e che si era svolto nel pieno dello scontro e dell’instabilità del paese nordafricano.
Sicuramente, rispetto a quella data, dei progressi sono stati fatti e oggi la situazione in Libia sembra essersi placata, anche se siamo ben lontani da una piena stabilizzazione. L’accordo di cessate il fuoco siglato il 23 ottobre 2020, insieme alle elezioni del 24 dicembre prossimo rappresentano due punti fondamentali per raggiungere un’auspicabile normalizzazione dello scenario politico libico.
I grandi temi sul tavolo della Conferenza sono stati l’uscita progressiva delle forze straniere e la necessità di garantire le elezioni presidenziali e legislative entro la data stabilita (cioè il 24 dicembre 2021). Importante in questo senso è il sostegno che la comunità internazionale deve garantire al governo di transizione libico, guidato dal premier ad interim Abdul Hamid Dabaiba. Molto complessa è la questione relativa al ritiro delle forze mercenarie presenti in suolo libico, le quali insieme alle truppe straniere ammontano a circa 20.000 unità secondo le stime dell’ONU.
In particolare, la Turchia ha continuato in questi mesi a mandare truppe mercenarie reclutate in Siria oltre a “consiglieri militari” arrivati con il consenso del governo di Tripoli. Un altro attore di rilievo per quanto riguarda questo dossier è sicuramente la Russia, presente sul terreno con il gruppo Wagner, senza poi dimenticare gli Emirati Arabi Uniti, che non hanno mai smesso di fornire supporto logistico e militare al generale Khalifa Haftar e al suo Esercito nazionale libico. Le truppe mercenarie e straniere avrebbero dovuto lasciare il Paese entro 90 giorni dalla firma dell’accordo di cessate fuoco ma questa scadenza non è mai stata rispettata.
Ora, tutte le potenze si sono dette pronte, comprese Turchia e Russia, a ritirare progressivamente i mercenari e le truppe straniere dal territorio libico senza ulteriori ritardi. Secondo quanto si è stabilito, all’uscita dei soldati mercenari e stranieri si dovrebbe accompagnare un processo di formazione di truppe libiche unitarie di difesa e sicurezza, con il conseguente smantellamento dei i vari gruppi armati locali che attualmente caratterizzano il conflitto libico.
Al summit erano presenti i ministri degli Esteri dei paesi membri dell’Unione Europea interessati al dossier libico, oltre che di Stati Uniti, Russia, Turchia, Cina, i delegati della Lega degli Stati Arabi e dell’Unione Africana. Oltre al Governo di Tripoli altri 17 erano i paesi presenti. Per l’Italia c’era il Ministro degli esteri Luigi Di Maio. È intervenuto tramite un videomessaggio anche il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, il quale si è detto fiducioso sul proseguimento del percorso già iniziato con la prima Conferenza di Berlino verso una stabilizzazione del Paese ma ha espresso preoccupazione per la situazione umanitaria in Libia, invitando i partecipanti all’impegno verso la tutela dei diritti umani.
Non c’erano troppe aspettative per quanto riguarda questa Conferenza, d’altronde anche la prima Conferenza di Berlino era stata raccontata come un grande successo diplomatico anche se poi, nella realtà, il cessate il fuoco è giunto solo con l’intervento militare turco mesi dopo quella stessa conferenza. Sicuramente si può affermare che da Berlino è venuta fuori una road map, che almeno nelle intenzioni, sembra trovare tutti gli attori coinvolti d’accordo. L’auspicio è che finalmente il percorso verso la normalizzazione del Paese non venga sconvolto da eventi imprevisti e che tutti gli stati lavorino congiuntamente verso questo obiettivo.