Le istituzioni europee affrontano la tematica della Difesa Comune dal 1954, quando la Francia impedì gli ultimi passi per arrivare all’accordo. La tematica e il dibattito comunitario sull’idea fu ripresa seriamente in considerazione solo al termine della guerra fredda, a partire dai primi anni Novanta, quando l’implosione dell’Impero sovietico spostò l’attenzione americana verso l’Estremo Oriente.
Il Festival Internazionale della Geopolitica europea di Jesolo ha rilanciato l’attenzione nazionale sull’importanza di approfondire il dibattito sulla Difesa Comune europea che attualmente non può prescindere dal rapporto tra Unione Europea e NATO. A rilanciare il dibattito, durante i lavori del Festival, sono stati l’ambasciatore Paolo Casardi, copresidente del Circolo di Studi Diplomatici; Giuseppe Cavo Dragone, ammiraglio e capo di Stato Maggiore della Difesa; Matteo Bressan, docente di Studi Strategici dell’Università LUMSA e della SIOI e Sabrina Zuccalà, presidente della società 4Ward360 specializzata nello sviluppo delle nanotecnologie che sta approfondendo e studiando il mondo dei formulati in nanomateriali per la Difesa e l’Aerospazio.
Le guerre europee in ex Jugoslavia, quelle in Georgia, in Cecenia e nel Nagorno Karabakh tennero accesa l’attenzione dei Paesi membri dell’Unione europea su questa opportunità. Inoltre, il rapido degradarsi delle condizioni di sicurezza nel Mediterraneo allargato, la questione migratoria, l’atteggiamento aggressivo delle medie potenze mediterranee, la posizione favorevole di Obama verso una maggiore autonomia europea favorirono ulteriormente tale processo.
La concatenazione di eventi recenti, quali la Presidenza di Trump, con i colpi da questi inferti al prestigio e quindi alla credibilità della Nato; la maggiore tranquillità ispirata dalla successiva presidenza di Biden durò poco e l’Afghanistan riaccese le polveri sul tema in questione, seguito, dopo vari mesi, dall’invasione militare russa dell’Ucraina, che rappresenta la più grande guerra convenzionale europea dalla Seconda guerra mondiale.
“Quello che accade in Ucraina è simile a quanto accaduto dai Sudeti nel 1938. Dal punto di vista della sopraffazione, con ciò che sta avvenendo oggi in Ucraina, diviene essenziale distinguere sempre chi sta invadendo da chi invade. Nel momento in cui si scatena una vera guerra, ci sono sempre migliaia di vittime innocenti e molte responsabilità sono da identificare anche nell’utilizzo delle armi che vengono utilizzate e come il conflitto viene condotto e tutti, oggi, sono consapevoli di chi sono le responsabilità di tali avvenimenti. Il Tribunale Penale Internazionale sta agendo e oggettivamente sta compiendo indagini accurate e vedremo, con i giusti tempi, cosa sarà stabilito nei confronti delle autorità russe”, ha ricordato l’Ambasciatore Paolo Casardi durante i lavori del Festival Internazionale della Geopolitica europea, rilanciando l’importanza di riflettere sulla necessità di una Difesa Comune europea.
Tuttavia, la spinta ad un maggiore impegno dei paesi europei a farsi carico della loro difesa e sicurezza, le difficoltà del quadro economico anche prima dell’emergenza sanitaria, l’urgenza di migliorare l’efficienza delle Forze Armate, hanno spinto tutti gli Stati membri a privilegiare i programmi più velocemente “applicabili”, come quelli nazionali o intergovernativi, in cui la competizione è di fatto limitata ai subfornitori dei paesi coinvolti. Se tali dinamiche risultano comprensibili per le acquisizioni o gli aggiornamenti, diversa è la valutazione per l’avvio di variegati programmi nazionali per lo sviluppo di nuovi sistemi.
Una scelta che sarà pagata da tutta l’Europa per molti anni sul piano operativo, addestrativo e logistico, ma anche sul piano tecnologico e industriale con l’eccessiva frammentazione della base industriale, l’aumento di costi non competitivi e su quello finanziario, a livello di acquisizioni e di supporto logistico. L’aggressione della Russia nei confronti della sovranità dell’Ucraina sta ponendo l’Europa di fronte al decisivo quesito della “scelta unitaria europea” e della necessità di un vero pensiero strategico su grandi questioni: tecnologia, energia, sanità, politiche fiscali e, soprattutto, difesa e aerospazio.