Trump l’isolazionista si riveste da “gendarme”… E adesso?
La nuova Casa Bianca – elettoralmente vittoriosa sull’onda del motto “America First” – ritorna prepotentemente sullo scacchiere internazionale a suon di missili, “attentando” alla sovranità territoriale di un Paese addirittura amico di Mosca. Che succede?
Le prossime ore e giorni ci diranno di più su cosa passa nella mente di Donald Trump. Per intanto, proviamo a fare qualche rapida considerazione su una decisione (quella di colpire la supposta base militare siriana dalla quale sarebbero partiti gli aerei che hanno compiuto l’atroce missione contro gli oppositori del regime di Assad) destinata comunque a scrivere una pagina inattesa negli equilibri politici globali.
Un Trump in discesa di consensi interni e prodigo di siluramenti quasi settimanali dei suoi principali collaboratori, riprende il “pallino” in mano su un tema molto sentito dalla popolazione Usa e non solo. Quello del genocidio di cittadini inermi, soprattutto bambini, nel più orribile dei modi. A fronte di un Consiglio di Sicurezza dell’Onu ancora una volta bloccato e inutilmente abbarbicato all’equilibrismo delle condanne senza seguito (e alla solita Europa che si guarda la punta del naso), gli Usa agiscono improvvisamente con chirurgia quanto mai attenta dimostrandosi ancora una volta vendicatori dei torti civili internazionali. Azione dimostrativa dunque verso gli americani, verso la Russia (il gioco delle due parti viene facile ad un personaggio che riesce a impersonare facilmente il buono e il cattivo, spiazzando – c’è da crederlo – un equilibrato ragionatore com’è Vladimir Putin), verso la Corea del Nord che a sua volta da tempo si diverte a “war game” sempre più sfrontati, verso un equilibrio medio-orientale sempre più confuso, verso una Cina che, addirittura, gli stava seduta accanto a cena (visita del premier Xi-Jinping) mentre partiva l’ordine di lancio dei Tomahawk.
Continuerà così, il magnate prestato inaspettatamente alla presidenza Usa? Difficile dirlo. Per ora stiamo ai fatti non dimenticando che il rafforzamento delle spese militari prima o poi andava “giustificato” agli occhi dell’opinione pubblica.
Gli interrogativi sul rischio di questa azione, di contro, non sono pochi. Per esempio, Trump ha in mente un disegno politico di respiro oppure si basa soltanto sull’impressione del momento, sul decisionismo indotto come in campagna elettorale dall’indice di gradimento? E se la risposta è la prima, punta in qualche modo alla caduta di Assad aprendo le porte ad esperienze che, se non opportunamente preparate, hanno portato agli sfaceli del dopo Gheddafi e del dopo Saddam, tanto per fare gli esempi più eclatanti? Anche qui non è dato sapere. Certo, si sa invece assai bene, l’inizio di una operazione bellica, per quanto annunciato come dimostrativo, apre la vista a scenari sempre inesplorati. Il dito sul missile non prevede una facile contromossa una volta premuto. E, al riguardo, fa un po’ impressione la “facilità” con cui è stato premuto. Senza contare che tutto questo somiglia molto a una pietra tombale sulla “santa alleanza” mondiale contro l’Isis, che, anzi, potrebbe prenderne pretesto per nuove azioni eclatanti di terrorismo.
Non si può non concludere, a questo punto, con una constatazione amara sulla lontananza che, oggi come non mai, dimostra la nostra attuale politica dagli eventi del mondo. Le liti a suon di tweet e i giochini di palazzo sul presidente di qualche commissione parlamentare dimostrano il provincialismo esasperato di un Paese che tutti, tutti in egual misura, stanno contribuendo giornalmente a precipitare.