È stato reso pubblico a fine marzo di quest’anno il rapporto “The Potentially Large Effects of Artificial Intelligence on Economic Growth” a firma Joseph Briggs e Devesh Kodnani di Goldman Sachs. Nelle pieghe del documento la previsione degli economisti come, nei prossimi anni, il 18% del lavoro a livello globale potrebbe essere svolto dall’Intelligenza artificiale (IA).
Gli esperti, analizzando i dati occupazionali di Europa e Stati Uniti, hanno infatti affermato che circa i due terzi dei posti di lavoro attuali “sono esposti a un certo grado di automazione dell’IA” e “fino a un quarto di tutto il lavoro potrebbe essere svolto completamente dall’Intelligenza artificiale”. Si tratta di circa 300 milioni di impieghi a tempo pieno esposti a un grado più o meno esteso di automatizzazione. Secondo Briggs e Kodnani, l’impatto della rivoluzione tecnologica ricadrà maggiormente su chi svolge mansioni meno fisiche.
Del resto, questo non rappresenta una novità: già da tempo il World Economic Forum dichiara che il 65% dei bambini che oggi frequenta le scuole elementari farà lavori che ancora non esistono. Qualcosa di simile è già accaduto una decina di anni fa, quando nessuno avrebbe mai pensato di diventare uno youtuber o un social media manager. Gli effetti dell’impatto nell’IA saranno maggiormente intensi nelle economie avanzate, vista la maggior concentrazione dei cosiddetti “lavori di concetto”.
Il cambio di paradigma: l’IA una novità o un ciclo che si ripete
L’avvento dell’IA è un cambio di paradigma come lo è stato la realizzazione della macchina a vapore o l’invenzione della catena di montaggio. Briggs e Kodnani ricordano, però, che tutte le innovazioni tecnologiche che inizialmente hanno sostituito i lavoratori hanno poi dato luogo a una crescita dell’occupazione nel lungo periodo.
Come evidenziato dall’ingegner Fabio Pompei, docente universitario, giornalista ed esperto di innovazione, fra qualche anno, quando contatteremo un servizio clienti della società del gas, della luce o telefonica via chat o telefono parleremo con una intelligenza artificiale e potremmo non saperlo. “L’Intelligenza artificiale è sempre più presente nelle nostre vite, se ne parla molto in questi ultimi anni, ma in realtà è una tecnologia che esiste e si evolve da molti anni” ha affermato Pompei. “Dagli anni Duemila, con la diffusione dell’utilizzo di PC e di Internet, la tecnologia si è evoluta fino ad oggi con algoritmi sempre più complessi e in grado di “fare” attività sempre più articolate per una macchina”.
L’IA rappresenta una grande opportunità per il progresso dell’umanità. Il rapporto Goldman Sachs sul tema prospetta un futuro in cui il 18% del lavoro globale potrebbe essere svolto da queste tecnologie avanzate. Sebbene ciò possa portare a una maggiore efficienza e produttività in molteplici settori, è fondamentale comprendere che con il crescente impatto dell’IA sulla società, bisogna affrontare adeguatamente le sfide che essa comporta.
L’impatto normativo ed etico delle nuove tecnologie
Affinché questa rivoluzione tecnologica abbia un impatto positivo e duraturo sulla società, è essenziale gestire in modo adeguato gli aspetti normativi ed etici. Le istituzioni comunitarie e i legislatori hanno già riconosciuto l’importanza di studiare, comprendere e regolamentare l’IA prima che essa diventi ubiqua. L’ “AI Act” proposto dalla Commissione Europea e recentemente votato dal Parlamento UE mira a guidare il dibattito pubblico sull’uso dell’IA e ad affrontare questioni cruciali di natura etica e giuridica. Queste regolamentazioni sono fondamentali per mitigare rischi potenziali, come la ricerca militare e gli sviluppi di armi letali autonomi, la minaccia alla privacy e la sorveglianza di massa.
È opinione di tutti, compresi i legislatori, che prima di prendere piede in maniera massiva, l’IA vada studiata, compresa e regolamentata. Accanto, dunque, agli innumerevoli benefici, già da qualche tempo le istituzioni comunitarie ha acceso un faro su tale tecnologia, nella convinzione che l’UE debba svolgere un ruolo guida sul futuro dell’IA, orientando il dibattito pubblico sull’uso dell’intelligenza artificiale e ponendo alcune questioni etiche e giuridiche cruciali. Il precipitato di queste riflessioni è stato quello che viene chiamato “AI Act”, ovvero una proposta della Commissione guidata da Ursula von der Leyen nel 2021 e attualmente allo scrutinio del Parlamento UE (COM(2021) 206 final). I rischi, infatti, non sono da sottovalutare. I parlamentari hanno espresso viva preoccupazione per la ricerca militare e gli sviluppi tecnologici per la creazione di sistemi d’arma letali autonomi, oltre che per la minaccia alla libertà personale, riservatezza dei dati e rischio di sorveglianza di massa.