“Il vero problema è restarci”. Il default è “irrealistico”. Massimo Bordignon, docente all’Università Cattolica di Milano, a LabParlamento
di Valentina Magri
“Uscire dall’euro è illegale: si può fare solo una volta usciti dall’Unione Europea e il caso Brexit ci dimostra che i tempi sono lunghi. Essendo illegale, gli altri paesi membri potrebbero penalizzarci, imponendo tariffe e barriere doganali”. Lo dice Massimo Bordignon, docente di Scienza delle finanze all’Università Cattolica di Milano e membro dello European Fiscal Board (Efb), l’autorità Ue indipendente sulle materie fiscali. LabParlamento l’ha intervistato a margine del convegno tenutosi ieri all’Università Bocconi di Milano, in occasione dei 15 anni del sito di informazione economica la voce.info.
Qual è il ruolo dei media italiani nel dibattito sull’euro?
L’Europa ha il grande problema di essere divisa dal punto di vista linguistico, per cui le élite si parlano, ma il popolo legge i giornali, o comunque si informa tramite i media. In generale, i media nazionali tendono a rafforzare le opinioni diverse. In Italia si è diffusa la retorica che la crisi sia tutta colpa dell’Europa e che la Germania voglia punirci. Se si leggono i giornali tedeschi, si trova una versione opposta: la crisi è colpa dei paesi del Sud Europa che non vogliono mettere i loro conti in ordine. Questo è un grosso problema, perché le opinioni pubbliche influenzano i comportamenti dei leader nazionali, che dal 2010 prendono le decisioni sull’Europa. Per uscire da questa crisi, ci vuole una soluzione istituzionale, con un accentramento di alcune decisioni a livello europeo.
Perché l’unione bancaria può contenere la crisi dell’euro?
Attualmente vige la piena mobilità dei capitali, per cui gli europei sono liberi di investire in titoli italiani o europei. Immaginiamo che domani scoppi una crisi come quella del 2012-2013 e si tema una rottura dell’Eurozona. Se questa avvenisse, i paesi membri tornerebbero a utilizzare le valute nazionali pre-euro, per cui 1 euro italiano potrebbe valere il 30% dell’euro tedesco e quindi sarei incentivato a portare questo euro in Germania, anziché lasciarlo in Italia. Se per via del panico, tutti spostassero i loro depositi in Germania, la crisi si intensificherebbe e crollerebbero le banche italiane. Uno degli elementi dell’unione bancaria italiana è l’assicurazione sui depositi fino a 100 mila euro. Se ci fosse una crisi, gli europei sapranno che i 100 mila euro sul loro conto avranno sempre lo stesso valore e quindi non li sposterebbero in altri paesi europei, non innescando nessuna crisi.
Cosa accadrebbe in caso di fallimento sul debito sovrano dell’Italia?
Trovo questa prospettiva irrealistica: non è infatti possibile che si verifichi finché l’Italia resterà nell’euro. Inoltre metà del debito italiano è stato emesso con clausole di garanzia, per cui il nostro paese può fare default solo se ha il permesso del 75% dei possessori di quelle tranche del debito, che non glielo daranno mai. Se il nostro paese fallisse, imporrebbe delle perdite su chi detiene i suoi titoli pubblici. A sopportarne il costo sarebbero:la Banca d’Italia, proprietaria del 15% del debito pubblico italiano; le famiglie italiane (10% del debito); istituzioni e banche italiane (quasi il 40% del debito). In caso di default dell’Italia, crollerebbero tutte le banche italiane, che non avrebbero più capitale. La banca centrale dovrebbe pertanto ricapitalizzarle.
Oltre al default, cosa accadrebbe in caso di un’uscita dell’Italia dall’euro?
Nel periodo di transizione necessario a stabilire il cambio, ci sarebbero dei costi giganteschi, perché bisognerebbe introdurre dei controlli di capitale, ossia dei limiti al ritiro giornalieri di denaro dal conto corrente. Inoltre, servirebbe schierare le forze dell’ordine alle frontiere, per evitare la fuga dei capitali all’estero. Inoltre gli altri paesi membri potrebbero penalizzare l’Italia. Nel lungo periodo, l’autonomia monetaria permetterebbe infatti all’Italia di svalutare liberamente la sua moneta e finanziare il debito con moneta, ma questo porterebbe sicuramente a un’iperinflazione e a una situazione simile a quella vissuta dagli italiani negli anni Settanta. Il vero problema è restare nell’euro, farlo funzionare meglio e trovare migliori equilibri con i nostri partner europei.