Le cause del digital divide rispetto agli altri paesi Ocse
di Valentina Magri
Italia ritardataria nella diffusione del digitale. Lo rileva il Digital Economy Outlook 2017 pubblicato dall’Ocse. Secondo il rapporto, usano il web meno di sette italiani su dieci, contro gli otto della media Ocse. E sul lavoro, lo usano per inviare e ricevere posta o fare ricerche solo due su 10: il minimo in tutta l’area Ocse.
Non va meglio nei rapporti con la PA: solo un italiano su quattro si è avvalso delle forme di e-government e solo il 12% lo ha usato per inviare moduli compilati. Siamo sotto la media Ocse anche per la banda larga fissa, anche se i sottoscrittori sono saliti di quasi il 4%.
Molteplici sono le cause di questo digital divide.
Da un lato, la scarsa fiducia degli italiani dei servizi di home banking ed e-commerce, a sua volta dovuta alla loro ignoranza su rischi di sicurezza informatica, cybercrime e pagamenti digitali.
Dall’altro, la scarsa propensione all’innovazione delle aziende italiane, che hanno investito in ricerca e sviluppo solo lo 0,76% del PIL, di cui solo il 14% in ICT, settore chiave per l’innovazione.
Anche sul fronte occupazione, l’ICT è sotto la media Ocse (2,5% contro 3%). Non c’è da stupirsi se da noi solo il 71% delle imprese ha un sito web o una home page, contro una media Ocse del 77%.
Il segretario generale dell’Ocse Angel Gurría ha così commentato i dati del rapporto sul digitale: “La trasformazione digitale non sta avvenendo allo stesso ritmo nei singoli Paesi, nelle aziende e nelle famiglie e questo si traduce in una disparità di opportunità. In particolare” – stigmatizza l’Ocse – “le politiche dei Governi non hanno tenuto il passo con l’innovazione digitale e la trasformazione di economie e società guidate dalle grandi imprese tecnologiche. Per questo, “i Paesi devono aumentare gli sforzi ed investire maggiormente nell’istruzione e nelle competenze e incoraggiare a un maggiore uso delle tecnologie avanzate, in particolare da parte delle piccole imprese, per rendere la rivoluzione digitale più produttiva e inclusiva”.
L’Italia sta muovendo qualche timido passo in questa direzione. Il Governo ha varato il piano Industria 4.0, che prevede l’attuazione in Italia di una serie di misure e agevolazioni per le imprese volte all’implementazione delle tecnologie digitali nella produzione aziendale. Sul fronte delle imprese, ricordiamo che nel luglio 2017 è stato firmato il primo protocollo di intesa che vede ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro) e Assotelecomunicazioni – Asstel, l’associazione che in Confindustria rappresenta le imprese della filiera delle telecomunicazioni, impegnati ad affrontare congiuntamente le problematiche di occupazione e occupabilità derivanti dai processi di trasformazione digitale.
Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, a settembre 2017 il Consiglio dei Ministri ha dato il primo ok al decreto legislativo proposto dalla ministra Marianna Madia che modifica per la sesta volta il CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale), volto ad accelerare l’attuazione dell’agenda digitale europea, dotando cittadini, imprese e amministrazioni di strumenti e servizi per attuare i diritti di cittadinanza digitale. Staremo a vedere come si evolverà la situazione.