Fa un gran rumore la colonna di blindati che avanza in territorio ucraino, la muscolare iniziativa della Russia a sostegno di presunte neo repubbliche filo russe, ampliamente prevedibile, sta replicando l’occupazione della Crimea con il futuro corollario di un referendum farsa per sancire l’affiliazione alla grande Russia.
Dal punto di vista squisitamente militare sembra una campagna del secolo passato con la fisica avanzata di truppe e mezzi sul campo senza resistenza militare da parte dell’esercito ucraino, guerra di fanti e carri armati che se impegnati faranno strage di civili oltre che di soldati. Mancano per il momento i droni, la guerra cibernetica e (speriamo) la minaccia nucleare.
Inesistente il substrato pseudo giustificativo dal punto di vista del diritto internazionale, violato con una sufficienza che neanche vale la pena di commentare. La leadership russa fa tantissimo rumore e cerca il limite del confronto bellico con un soggetto debole per guadagnare sul fronte interno credibilità dinanzi il disastro economico e sanitario pandemico.
Ai roboanti proclami del Presidente Putin che si erge plasticamente come un animale fiero e vigoroso come potrebbe essere un potente orso russo, fa debole eco un barboncino timoroso ed infreddolito, la nostra UE, saldamente al guinzaglio delle proprie debolezze e del politicamente corretto.
Il timido approccio dell’inesistente politica estera europea ci pone in una situazione di vergognoso imbarazzo rispetto agli ucraini che si sentono più vicini al modello federativo europeo rispetto all’egemone affiliazione russa. Oggi quei fratelli europei, aldilà delle dichiarazioni di sostegno all’insegna del politicamente corretto, sono soli di fronte all’aggressione russa, camuffata da operazione di peacekeeping e rischiano di vedere compromessa, per sempre, l’integrità territoriale.
Con il Presidente Putin, nella coreografica affiliazione in diretta televisiva, ben si sarebbe potuto siglare un patto di reciproca assistenza tra UE ed Ucraina, mettendo la guerra sul tavolo per trattare e negoziare l’integrità territoriale del partner ucraino ed il sottile ricatto energetico (ciclicamente replicatosi negli ultimi 30 anni ad ogni inverno).
Ecco che lo stallo messicano dei giorni scorsi si è sciolto con l’ingresso di blindati russi nelle neo-repubbliche filo russe. Il precedente della Crimea, troppo a lungo tollerato, e la nuova invasione nel Donbass, sono segnali chiari di una strategia che esalta le minoranze russe e le usa strumentalmente come pretesto per annessioni coatte.
Se il barboncino timoroso non si trasforma in un muscoloso e nervoso alano con forza militare propria e non si libera del ricatto energetico, il potente orso russo continuerà a cercare di far arretrare la linea di confine della NATO e dell’area dei paesi che compongono la UE. Lettonia ed Estonia sono fortemente a trazione filorussa e la federazione con l’UE non ha portato i desiderati vantaggi per tutti, così che a Riga ed a Tallin, tanti guardano all’orso russo con simpatia.
Troppo debole la voce europea, strozzata dalla necessità di compiacere l’erogatore di gas, che lo sa e ne approfitta. Le operazioni militari in corso genereranno il solito bilancio disastroso, nel silenzio assordante della diplomazia europea che adotta risibili sanzioni economiche, rectius, bancarie, inefficaci, quando c’è un resto del mondo non Eurocentrico e nemmeno USA centrico che in silenzio continua a recuperare il gap millenario rispetto ad Europa ed USA e con il quale la Russia dialoga ed anche bene, soprattutto quando gli vende gas e petrolio.
Si vis pacem para bellum è un motto molto poco politicamente corretto, ma tremendamente attuale, perché, al di là del sogno arcobaleno della pace, homo homini lupus.
L’aggressione russa deve essere fronteggiata, non solo diplomaticamente, costi quel che costi, anche per questo l’Europa deve dotarsi di strumenti diplomatici, politici e militari più concreti. Del resto è incomprensibile che tutti gli europei dell’Unione sono stati vaccinati con sieri acquistati a livello centrale europeo, condividendoli tra i vari membri, mentre oggi, la stessa Europa, non è in grado di schierare in Ucraina fanti e mezzi, sotto l’unica egida europea, in numero adeguato per fronteggiare la vis militare della Russia.
Il Presidente Putin ha negato la sovranità nazionale dell’Ucraina, un paese amico ed europeista, definendolo un errore della passata URSS, con il retropensiero evidente dell’irrilevanza della stessa Ucraina e dell’Unione Europea a cui la stessa Ucraina si ispira.
Un sogno egemone che va contrastato, perché se si continua ad accettare il ricatto energetico e la violazione del diritto internazionale, l’Unione potrebbe perdere altri territori e la libertà nei commerci e negli scambi internazionali.
E’ il tempo del coraggio europeo, il tempo di rompere il silenzio assordante del politicamente corretto per cercare una pace dignitosa e prospera, facendo scorrere l’inchiostro di accordi di pace e libero scambio, prima del crepitare delle pallottole.