Nei giorni in cui l’Italia, dopo aver inoculato le prime dosi ai sanitari ed agli ospiti delle RSA, si prepara alla vaccinazione di massa, torna di attualità un dilemma etico prima ancora che giuridico: è giusto obbligare chi del vaccino non vuole saperne?
Nel Paese delle fake news, dei complotti veri e presunti, dei facili entusiasmi e della universale diffidenza, serpeggia da tempo attraverso social e interviste un variegato ventaglio di opinioni di persone contrarie al vaccino, perché approvato troppo in fretta, non testato a sufficienza, perché è comunque un corpo estraneo da farsi introdurre nell’organismo, fino alle tradizionali opinioni dei no vax e a fantasiose ricostruzioni complottiste di chi parla di misteriosi poteri o addirittura di un’intelligenza artificiale che con la scusa di un’inesistente malattia intende inocularci dei microchip (giuro, ho letto ieri un post che ne parlava).
Insomma, siamo pronti a farci trovare all’appuntamento decisivo divisi e rissosi come sempre; vale comunque la pena, data l’importanza della posta in gioco, tentare di fare una riflessione sulle posizioni in campo.
Il punto di partenza, su cui è davvero difficile non ritrovarsi, è che siamo di fronte ad un’emergenza sanitaria di carattere mondiale e senza precedenti almeno nell’ultimo secolo. Il che vuol dire che nessuno degli attuali abitanti del pianeta ha mai vissuto un’esperienza così drammatica in tutta la sua vita, fatta eccezione per chi ha memoria della seconda guerra mondiale (una percentuale assai bassa della popolazione, peraltro drasticamente ridottasi proprio in conseguenza del Covid).
E’ vero, c’è ancora qualcuno che dice che il vaccino non esiste, ma si tratta di una posizione in via di regressione, se non altro perché ormai è difficile trovare qualcuno che – come disse Bocelli un po’ di tempo fa – non conosce nessuno che sia stato toccato da questo flagello. La stragrande maggioranza degli esseri senzienti concorda dunque sul fatto che abbiamo di fronte un nemico insidioso e assai difficile da battere.
Tanto premesso, ad oggi l’unico strumento serio per vincere questa guerra, a parte i banchi a rotelle di cui magari parleremo in altra occasione, sembra essere la immunizzazione su vasta scala della popolazione mediante vaccino.
Non si tratta di una scoperta dell’ultima ora, ma molto banalmente del rimedio escogitato per contenere e in moltissimi casi sconfiggere tutti i virus che hanno afflitto l’uomo e che, fino alla scoperta del geniale rimedio chiamato vaccino, ne provocavano la morte a milioni, proprio come ora fa il Covid19.
Eppure, oltre a chi si oppone al vaccino per motivi ideologici (come i già menzionati “no vax”, che fino all’irrompere sulla scena del Covid se la prendevano con il vaccino antimorbillo o con quello contro il vaiolo), serpeggia un certo timore anche tra il personale sanitario (soprattutto, a quanto si legge, quello paramedico e infermieristico) relativo al timore che i vaccini disponibili siano stati messi in commercio prima delle necessarie sperimentazioni e non siano pertanto “sicuri”.
Si è dunque creata una pericolosa spaccatura ideologica, tra chi si proclama desideroso di vaccinarsi prima possibile per uscire dal lungo periodo di terrore e isolamento (vedi l’hashtag “io mi vaccino”) e chi si oppone invocando la libertà di dissenso ed i propri diritti inviolabili.
Gli oppositori, tuttavia, possono rifiutando il vaccino mettere in crisi il successo della immunizzazione di massa, e conseguentemente obbligare anche chi la pensa in modo diverso in un certo senso a subire le (drammatiche) conseguenze delle loro scelte.
E’ adunque possibile, o addirittura doveroso, obbligare chi non è d’accordo a vaccinarsi? Di solito, di fronte a questioni di principio, nel nostro Paese la bussola per orientarsi è contenuta in quella meravigliosa e illuminata legge che regola i rapporti fondamentali tra cittadini che si chiama Costituzione.
Il problema è che in questo caso entrambi gli schieramenti, invocano a sostegno delle loro tesi, e non a torto, principi costituzionali: da una parte il diritto alla salute, che include quello alla vita di ciascuno di noi, e che sembra consentire la compressione dei diritti individuali (la scelta di non vaccinarsi) in nome di un interesse collettivo che non può che avere valore maggiore.
La mia libertà finisce dove inizia quella degli altri, dicevano i nostri padri: dunque non ho la libertà di non vaccinarmi, perché l’esercizio di tale libertà va ad invadere quella degli altri. Ma, si ribatte dall’altra parte della “barricata”, nemmeno chi non vuole vaccinarsi può subire le scelte altrui: il diritto al bene collettivo deve arrestarsi di fronte alla inviolabilità della salute ed addirittura della vita di chi sceglie come vivere e, perché no, come morire.
Che succederebbe se un obiettore, vaccinato di forza, morisse per una complicazione (sono sempre possibili, come è noto, anche se in percentuale estremamente contenuta)?
E’ evidente che si tratta di una questione che coinvolge diversi e confliggenti interessi di primaria importanza: il diritto alla salute e il diritto alla autodeterminazione individuale. C’è da scommettere che la questione finirà presto nelle aule di qualche Tribunale.
E allora vale la pena di richiamare un precedente, così “comune” pur nella sua particolarità, che è noto a tutti gli operatori del diritto (magistrati e avvocati): il rifiuto dei Testimoni di Geova di sottoporsi a trasfusione di sangue. Ma dopo molte oscillazioni i giudici sembrano essersi proprio negli ultimi mesi assestati sulla illegittimità delle trasfusioni eseguite senza consenso, sottolineando che la libertà di disporre della propria persona è intoccabile anche se questa comporta la scelta di autodanneggiarsi e persino di rischiare di morire.
Ma a ben vedere nel caso in esame vi è una componente ulteriore, in grado di ribaltare le conclusioni dei giudici: chi rifiuta di vaccinarsi non mette in pericolo solo la propria salute ma anche quella degli altri.
Ed allora, tra la libertà di scelta di cosa fare della propria vita e il dovere di rispettare la libertà altrui non può che prevalere il secondo.
L’art. 32 della Costituzione consente i trattamenti sanitari obbligatori se previsti da disposizione di legge.
Ma è soprattutto dall’articolo 2 della Carta fondamentale che viene tale legittimazione, anche in caso di compressione dei diritti individuali, laddove riconosce e garantisce i diritti inviolabili del cittadino ma li pone in intima ed ineludibile connessione con i doveri di solidarietà economica e sociale: non sono ammesse monadi nel nostro Paese, e chiunque voglia il rispetto dei propri diritti deve essere pronto a limitare gli stessi in nome della collettività, laddove lo richieda un interesse primario, come sicuramente avviene in questo caso.