Daveri (Univ. Bocconi) spiega le parole chiave e le turbolenze sui mercati
di Valentina Magri
L’uscita volontaria dell’Italia dall’euro? “Improbabile, ma non impossibile. E’ improbabile perché la parte economicamente più dinamica del paese (il Nord Italia) è fortemente integrata con l’Europa e non credo appoggerebbe una decisione di uscita dalla moneta unica che avrebbe forti effetti destabilizzanti. Un’uscita forzata dall’euro è ancor meno nelle cose.” Ne è convinto Francesco Daveri, Direttore del programma MBA e docente di Macroeconomia presso la SDA Bocconi, editorialista e membro del comitato di redazione del sito di informazione economica la voce.info.
Cos’è lo spread e qual è l’impatto del suo rialzo sui risparmiatori italiani?
“Lo spread di cui si parla tanto in queste settimane è la differenza tra il tasso di interesse che il governo italiano paga agli acquirenti dei titoli pubblici (Btp) a 10 anni e lo stesso tasso di interesse pagato dal governo tedesco sui titoli tedeschi (Bund). Se aumenta lo spread, sale il costo di emettere debito per lo Stato, per le imprese e per le banche italiane. Se devono pagare un costo più alto per raccogliere i fondi che danno a prestito, le banche prima o poi scaricheranno questo aggravio di costi sui loro clienti, i risparmiatori, in varie forme, come un aumento dei tassi su mutui e credito al consumo o un aumento dei costi per la gestione dei conti correnti.”
Perché il debito pubblico costituisce un problema per l’Italia?
“Il debito pubblico è un problema per l’Italia perché per rimborsarne gli interessi l’Italia paga circa 65 miliardi di euro ogni anno. Questi soldi sono parte della spesa pubblica. In altri paesi quelle risorse sono destinate a fornire servizi ai cittadini. Inoltre, siccome il tasso di interesse pagato sul debito è almeno in parte determinato sui mercati internazionali, la presenza di alto debito espone l’Italia al rischio non controllabile che il conto della spesa per interessi aumenti in caso di situazioni di tensione sui mercati finanziari.”
E’ possibile che l’Italia fallisca perché non riesce più a finanziare il suo debito pubblico?
“La possibilità teorica c’è. Ma finora l’Italia ha sempre rimborsato il suo debito pubblico, anche durante la crisi finanziaria del 2011-2012, quando lo spread salì a 575 punti e l’economia era in recessione.”
Secondo lei le accuse di M5S e Lega Nord che l’Italia abbia perso sovranità a favore di Germania e agenzie di rating hanno fondamento?
“In un mondo globale, tutti i paesi e le aziende si sottopongono al giudizio delle agenzie di rating che svolgono il compito di valutare la coerenza delle politiche dei paesi e delle aziende in modo da consentire agli investitori di capire se vale la pena di mettere i loro soldi nei bond emessi da questi. In Europa, la Germania svolge un ruolo di egemonia economica perché è l’economia più grande e più ricca ed è ovvio che sia così. Meno ovvio che per quanto riguarda le politiche economiche i tedeschi facciamo prevalere sempre e comunque la loro dottrina a volte eccessivamente rigorista. Da un lato, hanno ragione quando affermano che l’eurozona non può diventare una transfer union in cui una parte dell’unione sussidia l’altra per sempre. D’altro canto, se durante la crisi del 2011-2012, avessero adottato politiche più espansive a casa loro, avrebbero reso la recessione meno severa nel resto d’Europa.”
Come mai la crisi italiana ha provocato crolli di Borsa sia in Europa che in Usa, ci hanno monitorato con attenzione?
“La crisi italiana è stata vista come un segno di fragilità dell’architettura istituzionale della zona euro, nella quale non c’è consenso sul completamento dell’unione bancaria e sulla predisposizione di un fondo salva-Stati permanente più corposo. Tale fragilità preoccupa perché si avvicina il momento in cui cambierà il presidente della Bce, che potrebbe avere orientamenti diversi da quelli dell’attuale presidente Mario Draghi che si è posto come garante dell’eurozona – interpretando i trattati nel modo più estensivo possibile.”