A cura di Andrea Pranovi*
Siamo nel 2016. Due eventi di portata mondiale scompaginano i tradizionali equilibri politici che il mondo aveva imparato a conoscere dalla caduta del muro di Berlino in poi. In Europa, nel Regno Unito il referendum sulla cosiddetta Brexit sancisce la vittoria di coloro che vogliono l’uscita dall’Unione europea. Dall’altra parte dell’Oceano, invece, negli Stati Uniti d’America Donald Trump vince le elezioni presidenziali sconfiggendo la candidata democratica Hilary Clinton.
Questi due eventi, da molti non pronosticati e per tanti decisamente inaspettati, si accompagnano all’utilizzo sempre più massiccio di due espressioni: “post-truth“, cioè “post-verità”, e “fake news”. La prima viene scelta come parola dell’anno del 2016 dall’Oxford Dictionary, mentre l’altra è considerata la parola dell’anno del 2017 dal Collins Dictionary.
Post-verità e fake news non sono tuttavia neologismi. L’uso dell’espressione “post-truth” risale almeno al 1992, quando il giornalista Steve Tesich la utilizza in un articolo pubblicato dalla rivista The Nation dal titolo “A Government of Lies”. Eppure, di post-verità si sente parlare pochissimo, quasi per niente, per circa un quarto di secolo. Basti pensare che nel 2016 questa parola viene usata con una frequenza cresciuta del duemila per cento rispetto all’anno prima. Ma cosa significa post-verità? In poche parole, si tratta della situazione in cui gli appelli emotivi e le convinzioni individuali sono più determinanti dei fatti obiettivi nel formare l’opinione pubblica.
Più chiaro appare il significato dell’espressione fake news, nata addirittura alla fine del XIX secolo per negli Stati Uniti per definire una storia inventata, generalmente in campo politico, con l’obiettivo di danneggiare una persona o un’istituzione. Anche in questo caso, quindi, non si tratta di una parola ideata recentemente. Nel 2017, però, il ricorso a questa espressione è aumentato in confronto all’anno prima del 365%.
A caratterizzare le fake news moderne sono variabili di carattere sociale e tecnologico. Oggi, grazie al web, una fake news diventa virale su scala globale in breve tempo, al punto tale che spesso neanche una smentita riesce ad arginare la sua diffusione. Attenzione: la viralità non è di per sé un aspetto negativo della rete, ma lo diventa quando diventa in grado di moltiplicare contenuti falsi. E poi c’è la sfiducia nelle istituzioni tradizionali, nei partiti politici che hanno dominato la scena fino a pochi anni fa e di conseguenza anche nei media tradizionali.
In questo contesto giocano un ruolo tutt’altro che secondario anche le dinamiche psicologiche individuali, come, ad esempio, la dissonanza cognitiva: un meccanismo che spinge le persone ad accettare con più facilità idee e informazioni che sono conformi al proprio modo di pensare e alle proprie convinzioni. Ed è quasi superfluo segnalare quanto i social network siano un grande moltiplicatore di questi processi.
Le fake news interessano gli ambiti che più sono importanti per la vita delle persone: la salute (la pandemia ce lo ha insegnato bene), l’alimentazione, l’economia e, naturalmente, la politica. In campo politico le fake news assumono principalmente la forma delle notizie ostili, ossia notizie che hanno scopi malevoli, essendo mirate a colpire, o addirittura a distruggere, reputazioni personali, istituzionali e aziendali.
Tali notizie possono essere messe in circolazione con l’obiettivo di diffamare e screditare un individuo o un gruppo. Oppure possono avere la finalità di ledere la reputazione di una persona, distruggendo la sua stima, o di un’organizzazione, colpendo la sua fama istituzionale. Inoltre, una fake news politica può essere creata e diffusa per modificare la percezione dell’opinione pubblica, creando dei nuovi campi di realtà intorno ad un personaggio, ad un movimento politico o ad un partito.
Le notizie ostili, secondo la letteratura sul tema fake news, possono essere principalmente di due tipi: flaming e charachter assassination. Il flaming è la pura e semplice offesa, in alcuni casi anche brutale e volgare, che viene pubblicata e divulgata soprattutto attraverso i social network. La character assassination è un “assassinio mediatico”, mirato a distruggere la reputazione di una persona o di un’istituzione mediante la diffusione di notizie distorte o inventate.
* Docente a contratto alla Link Campus University di “Digital media and internet entertainment” e alla UniCusano di “Information disorder and fake news”.