I redditi delle famiglie italiane crescono la metà di quelli degli altri Paesi Ocse. Languono i consumi, il Pil è fermo. La mancata sterilizzazione dell’imposta sui consumi costerebbe 600 euro l’anno a famiglia
Neutralizzazione dell’aumento dell’IVA e misure di sostegno alle famiglie.
Sono queste le primissime priorità indicate nel programma del neo Governo giallorosso, in vista della prossima legge di bilancio.
Entro il 27 settembre si dovrà presentare infatti il def mentre il 15 ottobre si dovrà inviare la legge di bilancio 2020 all’UE.
Il tempo stringe dunque, e i dati degli istituti nazionali ed internazionali “dettano” i contenuti a quanto pare.
Pochi giorni fa, infatti, prima l’Ocse e poi l’Istat hanno diffuso rispettivamente i numeri che sintetizzano l’andamento dei redditi delle famiglie dei Paesi Ocse e l’andamento dell’economia italiana.
Da entrambe le parti le indicazioni non sono state troppo entusiasmanti, inducendo i partiti di Governo ad una attenta riflessione sulle priorità di azione dell’esecutivo.
Aumenta nel primo trimestre 2019 il reddito delle famiglie nei Paesi Ocse e nell’Eurozona, dicono i dati Ocse, ma, anche se l’andamento positivo riguarda anche l’Italia, i valori della nostra penisola sono sotto la media dell’area censita dall’organizzazione parigina e dell’area euro.
Infatti, la crescita registrata nel nostro Paese è stata dello 0,5%, mentre l’area OCSE è cresciuta dello +0,6% e l’area euro dello +0,7%.
Anche nei confronti diretti con gli altri Paesi dell’Europa l’Italia rimane indietro: la Germania fa segnare un +0,6%, la Francia +0,8%. Oltre oceano, negli Stati Uniti e in Canada, si sfiora l’1% (+0,9%).
Magra consolazione arriva dal Regno Unito, protagonista di una crescita inferiore rispetto all’Italia, pari al +0,3%, anche se il Paese impegnato nella trattativa per la brexit vanta un dato migliore nel cumulato degli ultimi 8 trimestri.
Guardando poi al medio periodo, e cioè all’andamento del reddito delle famiglie nei trimestri dal 2017 ad oggi, l’Italia ha registrato un aumento del 2% contro il +4,1% della media Ocse, il +4,7% dei Paesi del G7 e il +3,4% dell’Eurozona. In Germania l’aumento è stato del 3,3%, in Francia del 3,9% e nel Regno Unito del 4,1%.
Dunque, rispetto alla media Ocse, l’Italia avanza ad una velocità che è esattamente la metà.
Di questo rallentamento si sono visti i risultati concreti nell’ultimo comunicato dell’Istat sull’andamento dell’economia italiana. L’istituto di via Balbo ha evidenziato infatti la “crescita nulla della spesa delle famiglie residenti”, spiegando che “alla stagnazione dei consumi delle famiglie ha contribuito la marcata riduzione degli acquisti di beni semidurevoli (-2,7% in T2) e durevoli (-0,8% in T2 come in T1)”. Volendo dare una spiegazione “matematica”, l’equazione che ne deriva è piuttosto banale: se i redditi delle famiglie non crescono, gli acquisti languono.
Ovviamente, se vi dovesse essere il fatidico aumento dell’Iva, le conseguenze sarebbero ancora più importanti.
Secondo alcune proiezioni delle associazioni dei consumatori, con il passaggio dell’Iva ordinaria dal 22 al 25,2% (26,5% nel 2021) e di quella ridotta dal 10 al 13% nel 2020, i prezzi di molti beni di largo consumo subiranno un aumento che costerà circa 600 euro l’anno ad ogni famiglia.
E questo determinerà molto probabilmente una ulteriore contrazione dei consumi e, quindi, una contrazione del PIL.
Per evitare tutto questo, al Governo appena insediato corre l’obbligo di sterilizzare l’aumento dell’Iva e di intervenire a sostegno delle famiglie e dei loro redditi.
Ma a quanto pare di questo ne sono tutti ampiamente consapevoli.