Incertezze sulla posizione verso Gentiloni e sulle strategie per le prossime Politiche. E i sondaggi, per ora, non sono quelli attesi
A distanza di un mese dalla sua nascita e dalla formazione dei propri Gruppi parlamentari (ai quali aderiscono 40 deputati e 15 senatori), è entrato nel vivo il processo costitutivo di Articolo 1 – Movimento democratico e progressista (Mdp). È dei giorni scorsi, infatti, la presentazione del simbolo della nuova formazione politica, mentre è previsto per domani, 1° aprile, il lancio dei primi circoli locali a Napoli.
Malgrado sia certamente prematuro dare giudizi su un partito ancora lontano dall’essersi strutturato in via definitiva nel Paese, tuttavia alcune contraddizioni emerse nelle ultime settimane sollevano delle incognite sulla linea attuale e futura di Mdp.
In primo luogo, se tra i motivi fondamentali della nascita del movimento figurava inizialmente l’obiettivo di sostenere il Governo Gentiloni fino al 2018 (disinnescando così la voglia di elezioni anticipate di Matteo Renzi), nella fase attuale tra gli “scissionisti” stanno iniziando a levarsi distinguo di peso nei confronti dell’Esecutivo.
Dopo la vicenda della mozione presentata da Articolo 1 al Senato per chiedere al premier di sospendere le deleghe al ministro Luca Lotti (indagato per il “caso Consip”), sul tema del ruolo di Mdp all’interno della maggioranza sono intervenuti prima Arturo Scotto e poi Pier Luigi Bersani. Se nel caso dell’ex deputato di Sel veniva evidenziata la necessità, per l’Esecutivo, di non galleggiare e di occuparsi negli ultimi mesi della Legislatura dei temi sociali più sentiti dai cittadini, l’ex segretario del Pd si è invece spinto oltre, affermando in un’intervista a Repubblica di non essere disposto a sostenere Gentiloni a tutti i costi.
Inoltre, è sulle strategie per le prossime elezioni Politiche che il Movimento democratico e progressista sembra essere lontano dall’avere una posizione definita. In tal senso, si pensi alla richiesta di abbandonare il Mattarellum avanzata nelle scorse ore al Partito democratico da Alfredo D’Attorre. Mattarellum, che fino alla scissione è stata la proposta di tutto il Pd in ambito di riforma elettorale.
E, ancor di più, vanno rilevate le reazioni suscitate all’interno di Articolo 1 dalle aperture dello stesso Bersani a un’intesa post elettorale con l’M5S, che nella visione dell’ex leader dem su temi come farmaci ed energia (in particolar modo, sul superamento del regime di maggior tutela elettrica) avrebbero idee migliori dei renziani. In quest’ultimo caso, sono infatti emerse diverse sensibilità sia tra coloro che provengono dal Pd (il presidente toscano Enrico Rossi ha escluso ogni collaborazione con i pentastellati) che tra costoro e i fuoriusciti da Sinistra Italiana guidati da Scotto.
Ma, più di ogni altra cosa, le prime rilevazioni di Mdp nei sondaggi fanno sorgere dei dubbi sulle effettive potenzialità della formazione. Per quanto i sondaggisti siano lungi dall’essere infallibili, il 3-4% di cui tutti gli Istituti demoscopici accreditano Articolo 1 è comunque un panorama del tutto diverso dall’obiettivo a doppia cifra fissato da tutti i principali fondatori del movimento, Massimo D’Alema in testa. Senza dubbio, molto dirà il primo test delle Amministrative di giugno, ma in un contesto politico sempre più tripolare gli scissionisti al momento non sembrano avere altra strada, per poter recitare un ruolo di primo piano nella prossima Legislatura, che un accordo di coalizione con il Partito democratico e altri “cespugli” di centrosinistra.
In definitiva, per ora il Movimento democratico e progressista pare essere definito più dal perdurare della contrapposizione con Matteo Renzi che non da un progetto di lungo respiro.