L’attuale legislatura rischia di passare alla storia della Repubblica italiana per quella in cui tutti, più o meno, hanno messo mani e terga sulle poltrone del governo.
Un’immagine squalificante per l’intera classe politica italiana che, con la scusa della pandemia prima e della guerra in Ucraina poi, ha deciso di sedersi a tavolino, mischiare carte e valori, e infilare gli italiani in una centrifuga di governi senza visione e senza senso, finalizzati esclusivamente ad assetare i poteri forti internazionali con il risultato di prosciugare quel poco di credibilità che ancora conservava il Bel Paese.
La giornata di ieri è la fotografia di tutto questo. Alle ore 19 sui cellulari di ciascuno di noi, la notizia attesa. Nonno Draghi sale in auto in direzione Quirinale per la solita farsa delle dimissioni al bisnonno d’Italia, Sergio Mattarella.
“Buonasera a tutti“, si legge nel suo messaggio, “voglio annunciarvi che questa sera rassegnerò le mie dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica. Le votazioni di oggi in Parlamento sono un fatto molto significativo dal punto di vista politico. La maggioranza di unità nazionale che ha sostenuto questo governo dalla sua creazione non c’è più. È venuto meno il patto di fiducia alla base dell’azione di governo”.
“In questi giorni da parte mia c’è stato il massimo impegno per proseguire nel cammino comune, anche cercando di venire incontro alle esigenze che mi sono state avanzate dalle forze politiche. Come è evidente dal dibattito e dal voto di oggi in Parlamento questo sforzo non è stato sufficiente. Dal mio discorso di insediamento in Parlamento ho sempre detto che questo esecutivo sarebbe andato avanti soltanto se ci fosse stata la chiara prospettiva di poter realizzare il programma di governo su cui le forze politiche avevano votato la fiducia“.
“Questa compattezza è stata fondamentale per affrontare le sfide di questi mesi.
Queste condizioni oggi non ci sono più. Vi ringrazio per il vostro lavoro, i tanti risultati conseguiti. Dobbiamo essere orgogliosi di quello che abbiamo raggiunto, in un momento molto difficile, nell’interesse di tutti gli Italiani. Grazie“.
Della serie, “cari italiani, vi mollo ma anche no“. Tutti a casa, quindi, dopo aver portato il Paese alla cifra monstre di 5,6 milioni di persone in povertà assoluta, dopo aver messo in ginocchio migliaia di imprese e lavoratori autonomi e scontentato praticamente tutti con la misera mancetta da 200 euro per contenere i prezzi delle bollette causati da una folle guerra sostenuta con armi e altro da un governo non scelto dagli italiani, ma imposto da banche e poteri internazionali.
Le parole di Supermario non sono però la fine, come qualcuno vorrebbe. Il bisnonno d’Italia, in pieno copione teatrale, in serata respinge al mittente le dimissioni, rinviando a mercoledì l’atteso confronto in Parlamento per la cosiddetta conta: “ti amo, non ti amo, ti amo, non ti amo“.
Scenette da prima Repubblica, purtroppo già viste in una legislatura folle, dove la promiscuità e l’incesto politico dettato dalla fame di poltrone e lauti stipendi, per la stragrande maggioranza di parlamentari dal curriculum più candido di un neonato, hanno avuto la meglio e, molto probabilmente, avrà un gran peso sulla conta della prossima settimana che potrebbe mettere la parola fine anche all’indennità da mandato che si maturerebbe il 23 settembre e che quindi rischierebbero di perdere.
In piena crisi economica, con i prezzi alle stelle, un’instabilità internazionale, un’Europa quanto mai lontana, la crisi estiva è il colpo di grazia forse definitivo, per l’Italia, ma non certo per chi, come Draghi, si sta arrampicando sugli specchi per uscirne a testa alta, probabilmente avendo in tasca l’ennesimo incarico di prestigio alla Nato o a Bruxelles, teleguidato da tutti coloro che negli anni si sono dimostrati, senza peraltro nasconderlo troppo, nemici dell’Italia.
La farsa continua, insomma: “torno a casa, no tu no”. Il duello fra Conte e Draghi, recordman di poltrone di governo senza mai aver avuto un solo consenso da parte del popolo, continua e non ci piace fare scenari, soprattutto quando l’unica conta da farsi è quella dei mancati incassi e delle poltrone, e non certo per il famigerato “bene del Paese” inutilmente invocato da un presidente della Repubblica rieletto (controvoglia) a vita.
Dall’altra parte, in finale e non per caso, la politica e i partiti famelici di poltrone scaldano una già rovente estate per una campagna elettorale, mai come stavolta, all’ultimo seggio. Con quale faccia i vari Salvini, Renzi, Berlusconi, Letta, Toti, Brunetta, Di Maio, Mastella si presenteranno agli italiani è inutile chiederselo e Dio ci perdoni per i tanti non citati, ma anche per aver citato questi.
Ci consola pensare che gli italiani non dimenticheranno facilmente gli inciuci di questi anni, le promesse annunciate, le categoria produttive e sociali sedotte e abbandonate, i giovani lasciati senza futuro.
Nonostante tutto, oggi è un bel giorno per l’Italia. Le dimissioni del premier non scelto dagli italiani e il rifiuto del presidente non scelto dagli italiani sono la conferma di un Paese ostaggio la cui liberazione è però vicina.
Un sequestro i cui responsabili hanno un nome e un volto che ci auguriamo non trovino mai più posto nelle urne e nei progetti futuri dell’Italia.