57 miliardi di nuovo debito pubblico per dare respiro a famiglie e imprese, grazie all’emissione di titoli di Stato di piccolo taglio, cartacei e somiglianti in tutto e per tutto ad una nuova moneta: questa la proposta leghista che ha attirato feroci critiche, sebbene votata all’unanimità in Parlamento anche dall’opposizione
I presupposti per trasformare il prossimo periodo vacanziero in un’estate frizzante ci sono tutti, in attesa della prossima manovra finanziaria che già si prevede monstre, ma non solo. Al centro dell’ultima polemica l’emissione di nuovi titoli di Stato, di piccolo taglio e con le sembianze di banconota, pensati per pagare i debiti della pubblica amministrazione.
Se l’ombrellone basterà per mettersi al riparo dalla canicola, di certo non servirà per scongiurare l’uragano che da più parti soffia sulla maggioranza di governo. A surriscaldare gli animi nei palazzi romani, più della torrida temperatura che già si avverte nella capitale, la proposta del Presidente della Commissione Bilancio a Montecitorio Claudio Borghi (Lega) di procedere all’emissione di nuova moneta, seppur sotto forma di debito pubblico.
I mini-bot: cosa sono
La proposta è semplice: emettere titoli di stato da utilizzare per pagare i debiti arretrati della pubblica amministrazione nei confronti di famiglie e imprese. Titoli anziché soldi ma, a differenza dei consueti Buoni Ordinari del Tesoro (il cui taglio minimo è 1.000€) avranno valori molto più piccoli (5, 10, 20, 50 e 100 euro), cartacei (non digitali come i BOT tradizionali), senza interessi e, soprattutto, privi di scadenza. L’assenza di un termine di validità non impegnerebbe lo Stato ad iscrivere i nuovi titoli in bilancio come “debito”, cosa che se da un lato permetterebbe di non generare ulteriori emissioni per rifinanziarne la scadenza, dall’altro farebbe assumere a tale strumento la connotazione di una vera e propria moneta parallela, duplicazione assolutamente vietata dai Trattati dell’Unione europea.
Le posizioni in campo
La proposta dei minibot rappresenta un cavallo di battaglia della Lega. L’idea non è dispiaciuta nemmeno al Movimento 5 Stelle che, all’inizio dell’avventura di governo, l’ha fatta propria inserendola nel Contratto a firma Di Maio-Salvini. L’intera aula di Montecitorio, lo scorso 28 maggio, si era espressa favorevolmente «all’ampliamento delle fattispecie ammesse alla compensazione tra crediti e debiti della pubblica amministrazione … anche attraverso strumenti quali titoli di Stato di piccolo taglio», salvo poi prenderne le distanze e sottolinearne i distinguo all’interno della minoranza una volta che dalle parole si è passati ai fatti.
Il (poco) celato malcontento
«I minibot o sono moneta, e allora sono illegali, oppure sono debito, e allora il debito pubblico sale. Non vedo una terza possibilità». È tranchant il commento del Presidente della BCE Mario Draghi, il cui punto di vista non ammette repliche, accompagnato dalle critiche dei maggiori economisti italiani ed europei. Anche il Ministro dell’Economia Giovanni Tria, davanti alla platea del G20 a Fukuoka, non ha usato mezzi termini, sottolineando che l’emissione di nuovi titoli «Non è una questione principale che andremo a trattare a livello di governo» senza però suggerire «soluzioni alternative che consentano il pagamento immediato dei debiti dello Stato verso i cittadini italiani e le imprese» come sollecitato dall’europarlamentare del Carroccio (ed economista principale di via Bellerio) Antonio Maria Rinaldi.
Non si sono uditi brindisi e grida allegre nemmeno a via Nazionale, dove nei corridoi della Banca d’Italia si respira una certa cautela all’ipotesi della moneta parallela. Esemplare, sul punto, il commento dell’agenzia di rating Moody’s che non ha mancato di sottolineare come i minibot siano «il primo passo per introdurre una moneta alternativa e preparare l’uscita dall’area Euro dell’Italia». Pieno appoggio alle critiche da parte del presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Alessio Rossi, che non è stato tenero con la proposta leghista («sembrano i soldi del Monopoli») e il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, che vede in tale iniziativa soltanto uno strumento di ulteriore debito: «meglio non incrementarlo» il suo suggerimento.
Prova a gettare acqua sul fuoco l’ideatore dell’iniziativa, Claudio Borghi. «Non sono una moneta e non è nuovo debito» replica con forza il leghista che cerca di far ragionare tutti coloro i quali in questi giorni stanno levando gli scudi: i minibot, secondo il suo punto di vista «non sono nuovi debiti perchè derivano da debiti già esistenti che lo Stato ha verso i fornitori e i cittadini». Peccato che la logica, seppur aristotelica, sembra essere poco apprezzata a Bruxelles.