In Ocean’s Eleven, il famoso film del 2001 diretto da diretto da Steven Soderbergh, la banda guidata da George Clooney e Brad Pitt si intrufola nel sistema televisivo a circuito chiuso del caveau del casinò Bellagio di Las Vegas, rimandando le immagini su una finta cassaforte costruita “ad hoc” così da sviare le guardie e rapinare con relativa tranquillità la cassaforte.
Oggi questo tipo di hackeraggio non è soltanto roba scenografica. Manipolare la realtà è ora possibile. Una nuova tecnologia rende possibile non solo deviare le immagini riprese in tempo reale come immaginato da Danny Ocean, ma anche alterare le vecchie immagini, cambiare la successione degli eventi immortalati da una telecamera di sicurezza, modificare un video salvato su un telefonino, cambiare il volto di un fotogramma e sostituirlo con un altro viso, attribuendo eventualmente colpe ad altri o precostituire delle prove fittizie. Ma soprattutto senza lasciare tracce. E modificare in tal modo la storia.
Quello che sino a poco tempo fa sembrava fantascienza adesso è diventato realtà. E l’artefice di tale distopia è Toka, una società informatica israeliana fondata dall’ex premier israeliano Ehud Barak (insieme all’ex capo informatico delle forze di difesa israeliane Yaron Rosen), che consente ai clienti di hackerare le telecamere e modificare i propri feed, proprio come in un film, potenzialità svelata nei giorni scorsi dal quotidiano israeliano Haaretz.
Al momento tale tecnologia è disponibile solo per clienti governativi, intelligence e forze dell’ordine, ma nulla esclude che in un futuro prossimo sarà disponibile anche sul mercato retail. Secondo Haaretz, a partire dal 2021 la società aveva contratti con Israele per commesse di valore da 6 milioni di dollari, e aveva anche pianificato una “espansione del dispiegamento esistente” in Israele. La società, interpellata da giornale, si è trincerata dietro il silenzio.
La tecnologia di Toka ruota intorno al ruolo che le telecamere svolgono quotidianamente nella vita di ognuno, e soprattutto della parte da protagonista svolta dalle riprese elettroniche nel campo sicurezza e la difesa nazionale. Ormai le videocamere sono presenti ovunque, dagli incroci stradali, a negozi e centri commerciali, parcheggi, hotel, aeroporti e persino nelle nostre case, grazie agli assistenti domestici come Alexa, dai monitor per controllare i neonati o i più banali videocitofoni. Occhi vitrei che possono trasmettere immagini e sequenze fotografiche dal vivo, a cui possiamo accedere tramite i nostri telefoni o pc e, dovendosi connettere a Internet, tali device non sono immuni da possibili incursioni piratesche.
Grazie all’opera di Toka è possibile, infatti, alterare i contenuti registrati da questi occhi elettronici, hakerando con facilità tali dispositivi e cambiare il corso delle immagini (sostituendo o cancellando i vari personaggi se del caso), il tutto senza lasciare alcuna traccia forense.
La cosa, inevitabilmente, ha suscitato diverse perplessità, soprattutto sul fatto che, da adesso in poi, un video possa essere manipolato per incriminare cittadini innocenti o per motivi politici. “Questa è una tecnologia distopica dal punto di vista dei diritti umani. Solo la sua mera esistenza solleva seri interrogativi. In teoria, si può abusare di tale tecnologia” ha affermato l’avvocato per i diritti umani Alon Sapir. “Si può immaginare che il video venga manipolato per incriminare cittadini innocenti o proteggere persone che sono vicine al sistema, o anche solo editing manipolativo per scopi ideologici o addirittura politici se dovesse cadere nel mani sbagliate”. Tutto reso possibile ora da Toka, grazie ai quali i suoi clienti possono individuare le telecamere in cui infiltrarsi e il tipo di storia da raccontare, mistificando quanto già registrato cambiando, di conseguenza, la verità storica dei fatti accaduti in un dato momento.
Le attenzioni di Toka non sono soltanto rivolte a persone e telecamere: secondo i documenti esaminati dagli esperti informatici di Haaretz, la tecnologia israeliana offre strumenti che consentono ai clienti anche di prendere di mira le auto e geolocalizzare ogni veicolo in ogni istante, pedinando in tal modo gli spostamenti dei veicoli attenzionati.
“Uno scenario in cui qualcuno è accusato di qualcosa e non sa se le prove presentate contro di lui sono reali o meno è veramente distopico. La legge attuale non inizia ad affrontare situazioni come queste” ha concluso Sapir.