Sono ormai alcuni mesi che la tensione tra Stati Uniti e Russia è salita a livelli preoccupanti, con un equilibrio internazionale che sembra essere molto fragile e con una guerra ai confini europei che non sembra più essere pura fantasia. La crisi internazionale è ormai aperta e il braccio di ferro in corso tra le due potenze vede in gioco il futuro dell’Ucraina.
È una crisi non scoppiata all’improvviso, nel senso che i rapporti tra Ucraina e Mosca sono particolarmente tesi dal 2014, quando vi fu l’invasione della Crimea da parte delle truppe russe. Sempre nello stesso anno, nella regione orientale del Donbass, è iniziato il conflitto che ha visto i separatisti filorussi scontrarsi con l’esercito regolare ucraino.
Le premesse perché una nuova crisi si aprisse nella regione c’erano dunque tutte, si doveva solo capire quando la tensione sarebbe tornata a salire, e questo momento è arrivato.
L’obiettivo principale per Mosca è quello di contenere l’espansione del fronte Atlantico verso est, in uno scenario internazionale che sta vedendo in atto un processo di progressiva erosione dell’egemonia russa sullo spazio ex sovietico. E, infatti, il mostrare i muscoli in Ucraina è anche un avvertimento a Georgia e Moldavia, dove l’idea di sottrarsi all’influenza di Mosca è sempre più forte.
Dunque, l’atteggiamento aggressivo di Mosca è giustificato dal fatto che quest’ultima vuole mantenere una qualche forma di egemonia nello spazio ex sovietico e di conseguenza mantenere quel ruolo di potenza globale che Putin sta faticosamente cercando di difendere dal momento in cui è entrato in carica molti anni fa.
Un clima di forte incertezza avvolge lo sviluppo della vicenda. Washington e gli alleati hanno deciso di rafforzare le infrastrutture belliche a ridosso del confine russo-ucraino. La funzione di queste manovre è quella della deterrenza nei confronti di una eventuale invasione russa in Ucraina. Dall’altra parte, Putin, ha avanzato richieste sulla limitazione dell’azione della NATO nella regione.
In particolare, vorrebbe evitare ulteriori allargamenti dell’Alleanza Atlantica e il contemporaneo ritiro delle forze in quei paesi che si sono uniti all’Alleanza dopo il 1997. Richieste che gli Stati Uniti e gli alleati non possono accettare, come già ribadito in più occasioni.
Mentre le trattative diplomatiche procedono in maniera serrata in queste settimane, nessuno degli attori protagonisti vuole farsi trovare impreparato in caso di una improvvisa escalation militare.
Si stima che la Russia abbia già schierato 100.000 militari lungo il confine ucraino e che nelle prossime settimane il numero potrebbe salire considerevolmente. Nel frattempo sono state annunciare esercitazioni congiunte con la Bielorussia di Lukashenko, fedele alleato di Mosca in questa partita.
Sul fronte occidentale, il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha tenuto colloqui telefonici con Volodymyr Zelensky, suo omologo ucraino. Intanto, Unione Europea e Gran Bretagna sarebbero pronte a nuove sanzioni contro la Russia, nel settore energetico, in caso di invasione.
L’esito della crisi ucraina è piuttosto incerto. Al momento, dunque, appare difficile fare delle previsione su un eventuale scontro armato tra Occidente e Russia. I tanti incontri che i vari attori coinvolti nella vicenda, in particolare USA, Russia e Nato, stanno portando avanti, fanno pensare che ci sia una volontà comune di arrivare ad un accordo e non a uno scontro militare.