Nel 2020 e nel 2021, il confinamento a casa come misura di contrasto alla diffusione del Covid-19, ha portato ad aumentare di almeno 1 milione il numero delle bambine, nel mondo, vittime di mutilazioni genitali femminili (MGF).
Un fenomeno da contrastare con ulteriore impegno, con finanziamenti, sensibilizzazione, consapevolezza dell’esistenza della pratica e la necessità di parlarne, operando soprattutto con le comunità per trovare anche soluzioni pratiche.
Rafforzare quindi i sistemi sociosanitari di tutela della salute delle donne, anche con il coinvolgimento delle operatrici delle MGF, facendo abbandonare loro questa attività, per certi versi, il loro lavoro, e riorientando la loro “professionalità” a favore della dignità e della salute di donne e bambine.
È quanto emerso nel corso della Conferenza Internazionale dedicata al contrasto delle MGF nel contesto mondiale della pandemia da SARS-CoV-2 (“Per una tutela integrale della salute della donna tra Nord e Sud del mondo”), organizzata dall’Istitituto IRCCS San Gallicano (responsabile scientifico il prof. Aldo Morrone), in occasione della Giornata Internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili.
Al webinar hanno partecipato diversi medici dell’Istituto, parlamentari, avvocati, esperti ed operatori internazionali, tra i quali Emanuela Del Re (rappresentante speciale dell’Ue per il Sahel), Annamaria Parente (presidente della Commissione del Senato Igiene e Sanità), Cinzia Leone (vicepresidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere), Alessandra Sannella (professoressa di Sociologia presso l’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale), Omar Abdulcadir (Ospedale Careggi di Firenze), Anna Novara e Francesco Di Pietro(avvocati esperti in politiche migratorie), Ginevra Letizia (Italian Agency for Development Cooperation – Maputo), Paolo Magni (Amref Health Africa).
“Le ricadute delle MGF sulla salute psichica, sessuale e fisica delle donne mutilate sono molteplici, a cominciare da frequenti infezioni genitali da Chlamydia, gonorrea, e Papillomavirus umano (HPV), senza contare che le MGF causano una prevalenza di infezione da HPV fino a quattro volte più elevata rispetto alle donne non mutilate – ha spiegato il prof. Aldo Morrone, dermatologo infettivologo -. Inoltre, il ruolo causale dell’HPV nello sviluppo del carcinoma della cervice uterina rende le donne sottoposte a MGF a maggior rischio di tumore del collo dell’utero. Sebbene limitati, i dati indicano almeno un 30% di rischio in più rispetto alle donne che non hanno subito MGF”.
“La pandemia da Covid-19 ha squarciato il velo delle ipocrisie sulle disuguaglianze e le iniquità in tema di salute. Solo attraverso un approccio transculturale e multidisciplinare potremo valicare le tradizioni e non scavalcarle, eradicando realmente le MGF, riconsegnando così la dignità al corpo delle donne e alle loro identità, nel pieno rispetto dell’appartenenza alle comunità di origine e alla storia. I migranti ci sfidano. Sfidano la nostra capacità di organizzare e garantire servizi sociali e sanitari efficienti, per un sistema sanità che sia universale, solidale, pubblico e gratuito, nel rispetto dell’articolo 32 della Costituzione”, ha concluso il prof. Morrone.