Nel 2021 l’economia italiana ha registrato una crescita di intensità eccezionale per il forte recupero dell’attività produttiva, dopo un 2020 caratterizzato dagli effetti dell’emergenza sanitaria. E’ quanto emerge dai dati diffusi recentemente dall’ISTAT.
Nel 2021 il Pil è cresciuto del 6,6%. A trascinare la crescita è stata soprattutto la domanda interna, mentre la domanda estera e la variazione delle scorte hanno fornito contributi molto limitati.
Dal lato dell’offerta di beni e servizi, il valore aggiunto ha segnato crescite marcate, particolarmente nelle attività manifatturiere, nelle costruzioni e in molti comparti del terziario. La crescita dell’attività produttiva si è accompagnata a una espansione dell’input di lavoro e dei redditi. L’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche ha registrato un netto miglioramento rispetto al 2020 per il buon andamento delle entrate a fronte del più contenuto aumento delle uscite, nonostante il protrarsi delle misure di sostegno introdotte per contrastare gli effetti della crisi.
Nel 2021 si è registrato un peggioramento dello scambio con l’estero, trainato dal forte aumento dei prezzi dei beni energetici.
La spesa per consumi finali delle famiglie residenti è cresciuta in volume del 5,2% (-10,5% nel 2020). In termini di inflazione, la spesa per consumi di beni è aumentata del 6,1% e quella per servizi del 4,6%. Gli incrementi più accentuati riguardano le spese per alberghi e ristoranti (+19,1%), per mobili, elettrodomestici e manutenzione della casa (+11,0%), per trasporti (+10,9%) e per istruzione (+10,5%).
La spesa delle Amministrazioni pubbliche ha registrato una crescita in volume dell’1,0% e quella delle Istituzioni sociali private (ISP) del 3,7%, mentre gli investimenti fissi lordi hanno segnato un incremento del 17,0% (-9,1% nel 2020), con aumenti registrati in tutti i settori.
Nel 2021 le unità di lavoro sono aumentate del 7,6%. Anche qui l’aumento è stato generalizzato a tutti i macrosettori: +3,0% nell’agricoltura, silvicoltura e pesca, +10,4% nell’industria in senso stretto, +18,9% nelle costruzioni e +6,3% nei servizi. I redditi da lavoro dipendente e le retribuzioni lorde sono aumentati rispettivamente del 7,7% e del 7,8%.
Sulla base delle informazioni ad oggi pervenute, l’Istat ha elaborato in via provvisoria le stime del conto consolidato delle Amministrazioni pubbliche per l’anno 2021. L’indebitamento netto delle AP in rapporto al Pil è stato pari a -7,2 % (-9,6 % l’anno precedente).
Il saldo primario (indebitamento netto meno la spesa per interessi) è ancora negativo e pari a -64.526 milioni di euro, con un’incidenza sul Pil del -3,6% (-6,1% nel 2020). Tale miglioramento è il risultato di un aumento delle entrate correnti di circa 68,7 miliardi di euro (+8,8%) a fronte di un calo delle uscite correnti di circa 23,7 miliardi. In particolare, le imposte dirette sono cresciute del 6,6%, principalmente per il forte aumento dell’IRPEF e delle imposte sostitutive, in parte compensata dalla contrazione dell’IRES.
Le imposte indirette hanno registrato un aumento molto marcato (+13,8%), grazie soprattutto al gettito IVA; un aumento sostenuto ha interessato anche l’IRAP e gli oli minerali. Anche i contributi sociali effettivi segnano una crescita rispetto al 2020 (+6,7%), come la produzione vendibile e per uso proprio (+12,6%) e le altre entrate correnti (+1,9%).
L’aumento delle entrate in conto capitale (+70,5%) è dovuto principalmente alla crescita delle altre entrate in conto capitale e, in particolare, ai contributi agli investimenti dall’Unione europea relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
La pressione fiscale complessiva è risultata pari al 43,4%, in aumento rispetto all’anno precedente.
Nel 2021 le uscite totali delle Amministrazioni pubbliche sono aumentate del 4,2% rispetto al 2020. In rapporto al Pil sono risultate pari al 55,3%. Le prestazioni sociali in denaro confermano il livello dell’anno precedente per effetto di un incremento della spesa pensionistica del 2,0% e di una riduzione del 4,7% della spesa per altre prestazioni sociali in denaro, in buona parte determinata dal significativo calo degli assegni di integrazione salariale (CIG) (-44,7%).
Gli interessi passivi crescono del 9,7%, arrestando la continua discesa durata fino al 2020. Le uscite in conto capitale sono aumentate del 18,5% per la forte crescita degli investimenti (+20,2%), dei contributi agli investimenti (+19,9%) e delle altre uscite in conto capitale (+15,3%); queste ultime includono la registrazione dei contributi a fondo perduto a supporto dell’attività di impresa (19,3 miliardi) e delle spese previste a copertura delle garanzie statali a favore delle piccole e medie imprese (7,4 miliardi), per effetto delle misure previste a contrasto della crisi economica dovuta alla pandemia.