Momento delicato e prossimi mesi decisivi. Il problema del debito al centro. Attenzione a spese pensioni e sostegno disagio sociale. La bassa crescita
Di LabParlamento
“Il destino dell’Italia è quello dell’Europa”, il cui sviluppo “determina il nostro e allo stesso tempo ne dipende”. Lo dice il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, nella sua relazione annuale proprio nel giorno in cui il nostro Paese torna prepotentemente alla ribalta dei mercati per un evidente attacco speculativo, con una raffica di vendite dei titoli di Stato e un altro crollo di Borsa. Visco, dal canto suo, ha sottolineato che “è importante che la voce dell’Italia sia autorevole nei contesti dove si deciderà il futuro dell’Unione europea” ricordando che nei prossimi mesi sono in ballo decisioni di grande rilievo come “la governance dell’Unione, il suo bilancio pluriennale, la revisione della regolamentazione finanziaria”. In ogni caso, “per ridurre il debito – avverte – non vi sono scorciatoie”. Se venisse “messo a repentaglio” il valore dei risparmi – aggiunge non a caso – i risparmiatori “reagirebbero fuggendo, cercando altrove riparo. Ma gli investitori stranieri sarebbero più rapidi…”.
Al momento, lo scenario resta quello di un ritorno del “rischio Paese” soprattutto a motivo dello scontro istituzionale in atto, della nomina di un Governo destinato quasi certamente a non durare, di scadenze autunnali delicate per la nostra economia e, dulcis in fundo, di nuove elezioni con al centro una sorta di referendum pro o contro l’euro e l’Europa. Così lo spread Btp/Bund stamane ha toccato addirittura 320 punti, con un balzo di oltre 60 punti rispetto a ieri, ai livelli di primavera 2013. E anche il rendimento del titolo decennale italiano ha superato quota 3%, raggiungendo il 3,4%. Si registra anche un ulteriore dato preoccupante: il rendimento dei titoli a due anni ovvero a breve termine in mattinata si attestava oltre il 2%. Meno di tre settimane fa era ancora sottozero.
Visco ha ammonito che ridurre l’incidenza del debito pubblico sul Pil “è un obiettivo irrinunciabile”. “In una fase espansiva e con una politica monetaria ancora molto accomodante – ha spiegato – non è utile aumentare il disavanzo. A fronte di un temporaneo impatto positivo sulla domanda, reso peraltro incerto dal possibile materializzarsi di tensioni finanziarie, si avrebbero ripercussioni negative persistenti sul debito e sulla spesa per interessi”. “Alla fine dell’anno scorso il debito pubblico italiano era pari a quasi il 132% del Pil. È un valore molto elevato rispetto al passato; supera di oltre 50 punti percentuali quello medio del resto dell’area euro; costituisce un elemento di freno e la principale fonte di vulnerabilità per l’economia”.
In questo quadro “è a tutti evidente la delicatezza e la straordinarietà del momento che stiamo vivendo. Se è auspicabile che siano definiti con chiarezza e lungimiranza gli obiettivi e i progetti delle diverse forze politiche, non sarebbe saggio ignorare le compatibilità finanziarie”, ha aggiunto il governatore della Banca d’Italia. “E non per rigidità a livello europeo o minacce speculative, ma perché le nostre azioni, i nostri programmi forniscono i segnali che orientano l’allocazione delle risorse a livello nazionale e globale”, sottolinea. “Non sono le regole europee il nostro vincolo, è la logica economica”, spiega il governatore.
Spese in deficit, senza chiare coperture, creerebbero problemi. “Le riforme introdotte in passato rendono gestibile la dinamica della spesa pensionistica. Sarebbe rischioso fare passi indietro sulla riforma delle pensioni, sono possibili alcuni interventi, che sono già stati effettuati in passato, ma vanno sempre adeguatamente compensati in modo da assicurare l’equilibrio attuariale del sistema . Nel modificare le regole di fondo che determinano le tendenze di lungo periodo della spesa pubblica va esercitata estrema prudenza”.
Stesso discorso per azioni di sostegno al disagio sociale. “Le risorse rese disponibili con l’avvio del reddito di inclusione, uno strumento di reddito minimo, consentono di coprire circa il 40% delle famiglie in povertà assoluta. Nel procedere a un suo rafforzamento, o all’adozione di altri provvedimenti, oltre a evitare di scoraggiare la ricerca di un lavoro, bisognerà prestare attenzione alle conseguenze sui conti pubblici“, ha detto ancora il Governatore che poi si è soffermato, tra l’altro, sugli ostacoli alla crescita che, pure, ha mostrato una buona ripresa negli ultimi anni sebbene insufficiente.
“Sui problemi strutturali dell’economia italiana molto è stato detto. In estrema sintesi, il potenziale di crescita risente di un contesto poco favorevole all’attività delle imprese; molte stentano a rimanere sul mercato, poche crescono. Rilevano soprattutto le inefficienze e i ritardi delle amministrazioni pubbliche e della giustizia civile, le inadeguatezze nella regolamentazione dell’entrata e dell’uscita delle imprese dal mercato, i limiti alla concorrenza e i fenomeni di illegalità, l’elevata tassazione dei fattori della produzione, l’insufficienza degli investimenti nell’innovazione, nella ricerca e nel capitale umano”. “Interventi di rilievo – ha aggiunto – sono stati compiuti negli scorsi anni, ma migliorare il complesso di istituzioni, regole e prassi su cui poggia l’attività economica, e che influenzano i comportamenti di lavoratori e imprese, è uno sforzo di lunga lena”.
“Le riforme che perseguono questi obiettivi hanno effetti rilevanti sulla crescita e sull’occupazione, distribuiti però su un ampio arco di tempo. Non può essere la facilità di ottenere risultati nel breve periodo a dettare l’agenda. La bassa crescita italiana degli ultimi venti anni è soprattutto il risultato del ristagno della produttività, a sua volta riflesso di una struttura economica frammentata in cui è elevato il peso delle imprese di dimensione contenuta, in media poco patrimonializzate e spesso poco propense a crescere”, ha concluso Visco.
Banca d’Italia – Relazione Annuale 2017