“+Europa è a sostegno dell’Ue intergovernativa mentre noi vogliamo degli Stati Uniti d’Europa. Europee? Pronti a dare una mano se ci fosse una unione di liberali, socialisti, radicali e popolari”
Se ne parla poco ma il Partito Radicale – che è un organismo politico transnazionale e non concorre, per statuto, direttamente alle elezioni – è impegnato nella raccolta di ben 8 proposte di legge “contro il regime”: modifica dell’articolo 79 della Costituzione in materia di concessione di amnistia e indulto,
revisione del sistema delle misure di prevenzione e delle informazioni interdittive antimafia, abolizione della possibilità di assunzione di incarichi extragiudiziari da parte dei magistrati, introduzione del sistema elettorale uninominale, cancellazione del monopolio della Rai, revisione delle procedure di scioglimento dei Comuni per mafia, riforma del sistema di ergastolo ostativo, 41 bis e abolizione dell’isolamento diurno e riforma del sistema elettorale per l’elezione dei membri italiani al Parlamento europeo. Assieme a questa mobilitazione il PRNTT (Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito, questo il nome completo dello storico soggetto politico di Torre Argentina) è anche impegnato nella raccolta delle iscrizioni: se non raggiungerà quota 3001, infatti, il Partito e con esso la storica Radio Radicale chiuderanno i battenti. LabParlamento intervista oggi Maurizio Turco, Presidente della Lista Marco Pannella e più volte parlamentare italiano ed europeo, che assieme a Rita Bernardini, Sergio D’Elia e Antonella Casu è tra i coordinatori della Presidenza del PRNTT. Dal rapporto con +Europa alla visione dell’Europa federale ecco il nostro lungo colloquio con il leader radicale.
Dopo il raggiungimento di oltre 3001 iscritti nel 2017, che ha visto una mobilitazione straordinaria e trasversale di esponenti di politica, cultura e accademia il PRNTT è ora impegnato su due fronti, il primo dei quali è il raggiungimento dei 3001 iscritti per il 2018. Che futuro c’è per l’impegno radicale in politica?
C’è grande necessità delle lotte radicali, ma soprattutto c’è urgente necessità di organizzazioni politiche che abbiano l’orizzonte transnazionale e transpartitico, perché i problemi del nostro tempo attraversano le nazioni, non si fermano davanti alle frontiere, e perché vi sono valori che sono trasversali a diversi partiti. Siamo in un mondo complesso e non si può esemplificare, ma c’è un recinto dal quale non si può, non si deve uscire: i diritti umani fondamentali e la loro universalità, diritti ai quali hanno diritto tutti e ovunque nel mondo. Con una clausola rispetto agli intolleranti, che reclamano la libertà di espressione in nome dei nostri principi per sopprimerla in nome dei loro principi, per riprendere la critica di Salvemini e Rossi nei confronti del clericalismo vaticano. O per dirla con Karl Popper, “se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l’attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi”. Rimettere al centro del dibattito pubblico questi argomenti è l’urgenza maggiore. Far circolare idee di lungo respiro, che creino speranza e guardino al futuro. La bussola del mondo non è più lo Stato di Diritto, ma lo stato di emergenza. Il Partito Radicale è impegnato a ri-orientare la bussola.
Assieme alla campagna iscrizioni il Partito Radicale è anche impegnato sulla raccolta firme di ben 8 proposte di legge di iniziativa popolare. Come procede la raccolta e perché in un periodo politico così complesso si sceglie di puntare su questi temi poco popolari?
I temi non sono affatto popolari, sono sconosciuti. Tutti i mezzi dell’informazione pubblica e privata hanno negato sinanche un rigo o un secondo alla campagna promossa dal Partito Radicale; ma c’è qualcosa di più grave, hanno cancellato dall’agenda dell’informazione questi temi, negando il dibattito, negano l’esistenza di questi problemi. C’è una convergenza nel nascondere ai cittadini la realtà di questo paese, così impedendogli di organizzarsi se non su quello che interessa al regime. La raccolta va di conseguenza, resta la nostra capacità militante di far conoscere l’esistenza di questa campagna, direi di questa opportunità. Questa è l’ennesima riprova che il diritto primordiale in una democrazia, quella del cittadino a conoscere per decidere, è la prima e più grave disattenzione. A partire da chi ne è vittima, certamente i cittadini, ma anche quelle organizzazioni politiche alle quali è impedito di essere conosciute. L’informazione si è assunta il ruolo paterno, tipico dei regimi politici totalitari, di condizionare il cittadino; non più soggetto attivo ma passivo della vita pubblica. Vorrei inoltre sottolineare che i temi sui quali ci siamo impegnati a fornire delle ipotesi di riforma, che possono essere non condivise, sono temi che sappiamo tutti essere all’origine della crisi della democrazia italiana. Le riforme della giustizia, dell’informazione, e delle istituzioni sono quanto mai necessarie. Le si ignorano perché l’occupazione della RAI, le leggi per nominare i parlamentari anziché eleggerli, le leggi giustizialiste sono la colonna vertebrale del regime italiano che affonda le proprie radici nel ventennio fascista.
Cosa vi divide e vi unisce con gli altri storici ex radicali che oggi sono impegnati nella costruzione di +Europa come nuovo contenitore politico?
Ci divide da tempo l’analisi politica su quel che accade nel nostro paese e nel mondo. Poi ci divide l’agenda politica, a partire dall’Europa. Si sono costituiti a sostegno di questa Unione europea intergovernativa, mentre nell’ultimo congresso il Partito Radicale ha ribadito la necessità e l’urgenza degli Stati Uniti d’Europa, cioè di una Europa federale. E ancora, ci divide il metodo. Ma ognuno esprime, più o meno bene, quello che è. E loro si sono ritrovati, e questo è senza dubbio un bene per tutti. Purtroppo, alcuni accenni di Pannella vissuti dagli interessati come insulti, se comunque non erano dei complimenti, alla prova dei fatti si sono rivelate delle blande critiche edulcorate.
L’ultimo congresso di Rebibbia ha stabilito che la quota di 3001 iscritti per il 2017 e altri 3001 per il 2018 fosse l’obiettivo minimo per la continuazione delle attività del Partito Radicale. Cosa risponde ai molti che vorrebbero lei, Rita Bernardini, Sergio D’Elia e altri storici radicali di nuovo impegnati nella politica del “palazzo”?
Il Partito Radicale in quanto tale non si presenta alle elezioni. Ma ciascun iscritto è libero di fare quello che ritiene più opportuno. Non sono militanze contrapposte quella nel Partito Radicale e quella nelle istituzioni. Tant’è che sono iscritti parlamentari di diversi gruppi politici. E immagino che diversi iscritti si candideranno alle prossime elezioni europee, regionali, ecc…
Al prossimo appuntamento delle elezioni europee vi vedremo?
Prima di risponderle una annotazione d’ordine generale. Oggi lo scontro non è più tra europeisti ed antieuropeisti. Ma tra chi vuole l’Europa intergovernativa e l’Europa federale. Basti dire che i nazionalisti in politica e protezionisti in economia, altrimenti detti sovranisti, non hanno come obiettivo la dissoluzione dell’Unione ma la sua occupazione, perché la costruzione istituzionale va bene anche a loro che vogliono cambiare solo alcune delle politiche e non l’impianto sul quale l’Unione si regge. Peraltro, questa Unione europea l’hanno costruita coloro che hanno campato e campano esibendo le foto dei padri costituenti che, a differenza loro, avevano come obiettivo l’unificazione politica dell’Europa. Insomma, la strada da percorrere è quella che non è stata ancora percorsa. Strada indicata infine con l’Atto unico europeo, proposto da Altiero Spinelli, ed adottato dal Parlamento europeo a larghissima maggioranza anche con il voto dei conservatori inglesi! È finita che i dominus dell’Unione europea, i governi nazionali, espressine di forze politiche europeiste, ne hanno fatto carta straccia. Per quanto riguarda il Partito Radicale non potrà che confermare quanto deciso al Congresso, ribadire la scelta federalista e per gli Stati Uniti d’Europa, unica alternativa ai nazionalismi antifederalisti e alla deriva burocratica dell’Unione europea. Ciascuno degli iscritti deciderà come muoversi come meglio crede. Personalmente potrei impegnarmi a dare una mano, se ci fosse la prospettiva di una unione di liberali, socialisti, radicali e popolari, accomunati dalla consapevolezza che gli stati nazionali non sono in grado di rispondere da soli a problemi che sono di tutti; che la promozione, il rispetto e la difesa dei diritti umani universali è un limite invalicabile; che senza Stati Uniti d’Europa rischiamo di ripercorrere la strada che abbiamo dovuto attraversare nel secolo scorso. Vorrei ricordare che all’inizio del ‘900 negli attuali paesi europei c’erano istituzioni liberali. La crisi economica ha di conseguenza investito il liberalismo, la risposta è stata il nazionalismo e del protezionismo economico, che in poco tempo hanno portato alla prima guerra mondiale e subito dopo ad avere regimi illiberali e totalitari in 16 degli attuali 27 paesi dell’Unione europea. Avremmo dovuto imparare che l’alternativa al liberalismo è violenta, accentratrice, militarista, statalista e giustizialista.
Cosa direbbe Marco Pannella della situazione politica attuale?
Credo nulla di più, nulla di meno di quello che ha sempre detto, cercando di prevenire le degenerazione anti Stato di diritto, registrando le diverse situazioni come un aggravamento delle precedenti, mettendo in guardia su quello che sarebbe potuto accadere con le successive. E comunque proponendo delle soluzioni per uscire dalle sabbie mobili del regime italiano.