In piena emergenza sanitaria i cittadini si rivolgono al Sistema Sanitario Nazionale per le cure e alla Pubblica Amministrazione per i servizi, ma la pandemia, fra le tante tragiche novità, ha portato, nel mondo del lavoro, l’introduzione del cosiddetto lavoro agile o smart working. Una soluzione diabolica che, tradotto per i comuni cittadini, significa uffici pubblici desertificati, mesi e mesi di attesa per avere informazioni e risposte, un taglio brutale ai servizi.
A fotografare questa situazione sono i dati pubblicati nel dicembre del 2020, gli ultimi resi disponibili, sul sito della Funzione Pubblica. A gennaio del 2020, prima dunque dell’esplosione della pandemia, i lavoratori pubblici in smart working erano appena l’1,7%. Successivamente, nel periodo di maggio, siamo arrivati ad oltre l’87% per le amministrazioni centrali. Il lavoro agile ha riguardato l’86% delle amministrazioni interpellate, dal 94% al 100% se parliamo degli enti sopra i 10 addetti.
A maggio, le dipendenti donne attive da remoto hanno raggiunto il 66,3% contro il 60,3% degli uomini. A settembre il gap è diminuito: 47,6% contro 44,4%. In media, 48% contro 44%. A maggio il 57% del tempo di lavoro era mediamente in smart working, con punte di quasi l’80% nelle Pubbliche amministrazioni centrali. Dati importanti, che di fatto desertificano ancora di più gli uffici comunali, da troppi anni condizionati, come spesso denunciato dalla politica, da una forte riduzione dell’organico anche a causa di grandi concorsi pubblici assenti oramai da troppi anni.
Non vuol essere una crociata contro i dipendenti della Pubblica Amministrazione questa, sia ben chiaro. Almeno non contro tutti, ma contro coloro, come purtroppo ci hanno più volte raccontato le cronache, i servizi nei talk televisivi e le stesse segnalazioni dei cittadini, forti del proprio posto fisso e a tempo indeterminato, sono solamente smart e molto poco working. Talmente tanto smart, che inizialmente le sigle sindacali si erano mosse per chiedere addirittura il riconoscimento del buono pasto nei giorni in cui contrattualmente è previsto il rientro pomeridiano.
Chi controlla effettivamente la produttività dei funzionari in smart-working? Chi si accerta che realmente venga garantito il servizio al cittadino? Il dipendente in smart-working risponde ai cittadini dai cellulari di servizio? Ogni dipendente è realmente fornito dell’attrezzatura necessaria per svolgere le sue funzioni? Questo noi non possiamo saperlo e anche se volessimo indagare, dubitiamo fortemente che ci sia qualche Dirigente disposto a mostrarci le carte che testimoniano un effettuato controllo.
Ci bastano le testimonianze dei cittadini, che purtroppo pesano come macigni, per confermarci quanto la maggior parte dell’opinione pubblica pensa da un bel po’ di tempo. Così come ci basta anche solamente immaginare la quantità di pratiche rimaste inevase o il cui iter si è drammaticamente rallentato nel corso dei mesi a causa della mancanza sul posto del responsabile dei procedimenti.
Prima o poi la crisi pandemica finirà. La popolazione sarà immunizzata, il sistema sanitario nazionale sarà pronto ad affrontare senza alcuna incertezza o intoppo ogni tipo di emergenza e, solo allora, speriamo che la normalità torni anche all’interno delle pubbliche amministrazioni, che auspichiamo sempre smart, ma altrettanto working.