Def (e Pnr), manovrina e Legge di Stabilità. A giorni i primi responsi con un occhio già a settembre
di LabParlamento
Def (Documento di Economia e Finanza) e Pnr (Piano nazionale di riforme), misure per evitare la procedura di infrazione Ue e, poi, dulcis in fundo la Legge di Bilancio 2018. Di qui all’inizio di autunno ecco il vero banco di prova per il Governo Gentiloni che però, nel frattempo, dovrà tenere conto dei risultati del Congresso Pd e delle elezioni Amministrative di inizio giugno, passando per la “vetrina” internazionale del G7 di Taormina (26 e 27 maggio).
Il conto alla rovescia – con un occhio sempre attento al confronto in atto con Bruxelles – comincia già questa settimana, con un passaggio tutto politico ovvero l’assemblea del Gruppo Pd alla Camera, probabilmente domani, con all’ordine del giorno il Def atteso entro il 10 aprile. Alla riunione parteciperà anche il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e da qui si capirà qualcosa di più sul tenore degli interventi allo studio tra linee guida e decisioni concrete.
In ogni caso tra questo venerdì e lunedì della prossima settimana, un Cdm s’incaricherà di licenziare Def e Pnr, mentre non è ancora chiaro se il DL per l’aggiustamento contabile da 0,2 punti di PIL sarà contestuale oppure arriverà, più facilmente, dopo Pasqua.
Il documento con il quale il Governo fa le prime stime dell’anno sull’economia italiana e sulla base di queste indica la via che sarà percorsa con la Legge di Bilancio, secondo quanto annunciato dal premier, non servirà solo per mettere in ordine i conti, ma anche per spingere la crescita, operazione tesa a migliorare il rapporto debito/PIL, principale problema dell’economia nazionale.
“Menù” in fase di messa a punto ma centrato sulla riduzione del costo del lavoro attraverso decontribuzioni ad hoc e tagli trasversali su platee più vaste. Molto dipenderà dalle risorse a disposizione per finanziare gli interventi e dalla scelta delle modalità di copertura oltre la scontata azione di spending review. Anche perché il Def dovrà spiegare come intende disinnescare le clausole di salvaguardia che faranno scattare aumenti di IVA e accise per 19,5 miliardi di euro dal primo gennaio 2018.
La crescita economica intanto potrebbe essere rivista al rialzo di uno o due decimali rispetto alla previsione dell’1% formulata in precedenza. E questo avrebbe come effetto una lieve riduzione della manovrina finora prevista in 3,4 miliardi, cui si dovrebbe aggiungere 1 miliardo per tre anni per la ricostruzione post-terremoto. La Ragioneria generale dello Stato ha sul tavolo da tempo una serie di soluzioni che vanno dal rafforzamento dello split payment ai tagli semi-lineari alle spese nei Ministeri passando per aumenti di accisa, che non dovrebbero riguardare però i carburanti come sollecitato più volte, ufficialmente, da Matteo Renzi.
Va da sé che proprio un Renzi vittorioso con ampio margine al Congresso, come pure un responso non penalizzante del Pd alle elezioni locali, potrebbero cambiare qualcosa tra le decisioni da assumere nei prossimi giorni e quelle, assai più importanti e delicate, attese in autunno. Ma molto dipenderà anche dal margine di manovra che Gentiloni e Padoan riusciranno a ottenere nel tira e molla in corso da tempo con la Commissione Ue. Margine a sua volta mutevole in base al risultato delle elezioni di aprile in Francia e, soprattutto, di quelle di settembre in Germania.