Un nuovo “Patto”, per andare oltre la Carta di Treviso, per aggiornare le esigenze dei minori ai nuovi stimoli offerti dal mondo del web e dei social. Un’azione da sviluppare grazie anche alla condivisione degli spunti offerti dai protagonisti della “mediasfera”, intervenuti nella due giorni di Treviso per “rinnovare” l’intesa siglata 30 anni fa, con un’alleanza che risponda agli interrogativi sul rapporto fra minori, informazione e Rete. Rapporto che negli ultimi anni, con l’avvenire delle piattaforme di condivisione social e streaming, ha subìto una vera e propria rivoluzione.
“La condivisione del Patto rappresenta l’inizio di un percorso che dobbiamo fare insieme, mettendo al centro della nostra azione il bambino. Si tratta di un passaggio fondamentale, adesso dobbiamo riuscire a declinare le indicazioni emerse in azioni concrete”. È quanto afferma il prof. Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro, chiamato a trarre le conclusioni dell’evento “Dalla Carta al Patto di Treviso. Trent’anni dopo sempre dalla parte dei più piccoli”, organizzato con il Comune di Treviso, che ha visto ieri e oggi la partecipazione di numerosi stakeholder che, a vario titolo, sono coinvolti nella governance della “mediasfera”.
“È stata una grande occasione poter ascoltare riflessioni di grande qualità, nell’ambito di una discussione che si è allargata su tematiche nuove. Adesso è necessario trasformare tutte queste conoscenze, dal momento che cambiano i paradigmi e siamo proiettati in una dimensione globale internazionale”, aggiunge.
“Abbiamo bisogno che la rete composta dai soggetti istituzionali che stanno dalla nostra parte – ad esempio ministeri, Garanti Infanzia e Privacy, Cei – sia sempre più forte e autorevole”, prosegue il prof. Caffo, che condivide l’invito emerso nel corso dell’evento a programmare incontri periodici e anche specifici con esperti, per un “senso di collaborazione comune, tra mondi diversi, come avvenuto 30 anni fa”.
La “mission”, conclude, è quella di “intervenire in maniera preventiva, in modo da fornire ai bambini gli anticorpi per reagire ai rischi che si possono nascondere nella Rete, soprattutto quando risulta magari assente l’aiuto dei genitori”.