Spyware venduti a regimi autoritari e utilizzati per prendere di mira attivisti, politici e giornalisti, già dal 2016; una fitta rete di software inoculati su telefoni e computer di personaggi in vista e che gettano le oscure basi per lo svelamento di una nuova campagna di sorveglianza informatica. Stando alle prime indiscrezioni pare esserci tutti gli elementi per dare avvio ad un secondo “Data gate”, il più grande scandalo di intercettazione indiscriminata scoperto grazie alle rivelazioni dell’ex tecnico della CIA Edward Snowden nel 2013.
Tra i nomi eccellenti rimasti impigliati nella rete degli spioni elettronici, stavolta, il Presidente francese Emmanuel Macron, il direttore dell’Oms Ghebreyesus, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e Mohammed VI, re del Marocco. Pare che anche Romano Prodi sia finito nella spirale degli ascolti, probabilmente ai tempi del suo incarico quale inviato speciale delle Nazioni Unite in Sahel.
“Pegasus”, questo il nome del software creato e venduto dall’azienda israeliana NSO Group, ha catturato nella sua trama di ascolto attivisti per i diritti umani, giornalisti e avvocati di tutto il mondo da parte di molti governi, secondo quanto rivelato dal quotidiano britannico The Guardian la scorsa settimana. Stando alle prime risultanze dell’inchiesta, appare proprio come attraverso Pegasus – un malware che infetta iPhone e dispositivi Android – sia stato possibile estrarre messaggi, foto ed e-mail, registrare chiamate dai telefoni colpiti, e attivare segretamente i microfoni e le videocamere dei medesimi dispositivi elettronici. Sfruttando una vulnerabilità di WhatsApp, infatti, Pegasus ha avuto gioco facile ad ascoltare le chiamate dei personaggi intercettati, così come sfruttando una falla di iMessage è stato possibile sorvegliare i giornalisti di Al Jazeera lo scorso anno.
L’indagine del Guardian è stata condotta anche in collaborazione con Forbidden Stories, un’organizzazione senza scopo di lucro con sede a Parigi, e Amnesty International. Dall’unione di queste tre forze è stato possibile entrare in possesso di un elenco contenente oltre 50.000 numeri di telefono che, si ritiene, siano stati oggetto di “attenzione” da parte dei clienti della NSO a partire dal 2016.
Nella rete, secondo il Guardian, sono caduti centinaia di dirigenti aziendali, figure religiose, accademici, dipendenti di ONG, funzionari sindacali e funzionari governativi, inclusi ministri di gabinetto, presidenti e primi ministri.
Tra gli altri nomi eccellenti finiti nell’orecchio di Pegasus compaiono il presidente iracheno Barham Salih, quello sudafricano Cyril Ramaphosa, il premier pachistano Imran Khan e quello egiziano Mostafa Madbouly, insieme al capo dell’esecutivo marocchino Saad-Eddine El Othmani. Non mancano nemmeno gli “ex” presidenti, come quello messicano Felipe Calderon, il già premier libanese Saad Hariri e il suo omologo ugandese Ruhakana Rugunda.
Una particolare attenzione da parte degli spioni (i principali sembrano essere Azerbaijan, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Ungheria e Kazakistan) appare riservata a oltre 180 giornalisti, inclusi reporter, editori e dirigenti del Financial Times, della CNN, del New York Times, di France 24, dell’Economist, dell’Associated Press e di Reuters.
La società NSO ha da subito rispedito le accuse al mittente, sostenendo che essa “non gestisce i sistemi che vende a clienti governativi controllati e non ha accesso ai dati degli obiettivi dei suoi clienti“. Ma tant’è: l’analisi dei dati rivela che il governo che ha selezionato il maggior numero di numeri da tenere sotto controllo attraverso Pegasus – più di 15.000 – sia stato il Messico. Anche il Marocco e gli Emirati Arabi hanno selezionato più di 10.000 numeri da tenere a bada.
La partita, insomma, è appena iniziata. E le rivelazioni – assicurano dal Guardian – saranno sconvolgenti.