Le immagini dalla frontiera della Romania e della Polonia con l’Ucraina parlano chiaro: dal 1989 ad oggi – se ne faccia una ragione il signor Putin – l’identità europea dei popoli si è consolidata. Quelle frontiere aperte con volontari, poliziotti, sanitari che vanno incontro a bambini e donne che portano pochi effetti personali ed un carico di umanità enorme, segnano queste ore di sconforto.
Fuggono da un paese europeo gli ucraini e giungono in altri paesi europei che aprono le loro case e condividono con loro un pasto caldo, un sorriso, una carezza.
Questi europei dell’est non hanno più sorrisi feriti da protesi in ferro, non sono malvestiti con fagotti ed abiti lisi, non guidano più fumose Trabant e rispondono in perfetto inglese ai giornalisti. La nuova Europa dell’Est è piena di intellettuali, artisti, scienziati, ha conosciuto la libertà della democrazia ed è pronta a morire per non perderla.
Restiamo attoniti di fronte agli uomini ucraini che fanno la fila di fronte ai distretti militari– noi che non abbiano più la leva obbligatoria – per prendere un’arma e difendere la libertà di un paese europeo – europeo come il nostro.
Purtroppo molte di quelle donne e di quei bambini, costretti ad esser profughi, quando raggiungono il territorio dell’Unione temono che non vedranno più i loro coraggiosi mariti, fidanzati e padri. Uomini ucraini che sanno di poter morire, ma sanno che è il loro dovere difendere la propria terra e la propria identità che è anche europea.
Com’è evidentemente europea quel terzo di popolazione russa di Kaliningrad, San Pietroburgo e Mosca. I manifestanti per la pace di San Pietroburgo, trascinati via dagli omon – una sorta di mastini del ministero dell’Interno russo – indicano chiaramente che anche in terra di Russia, si respira aria nuova ed il leader comincia ad essere messo in discussione.
A maggior ragione ora che si è reso responsabile di un’azione militare che giuridicamente è possibile solo ricondurre alla fattispecie astratta del crimine contro l’umanità. L’Ucraina, comunque vada ha già vinto, almeno moralmente è ovvio, condotta dall’ex attore, oggi leader e comandante, contro l’antistoria della dittatura di fatto che sta provando a schiacciare l’Ucraina.
Come restare insensibili di fronte alle donne ed agli uomini ucraini rimasti in patria a fabbricare artigianali molotov pronti ad attaccare a mani nude i blindati che stanno arrivando a Kiev e nelle altre città assediate.
Per noi “vecchi” europei, noi pigramente abituati alla libertà ed alla democrazia, le ultime ore sono state una doccia fredda, il sangue e la guerra, sconosciute da due generazioni, si sono palesate in video. Presto subiremo le conseguenze di quella guerra, magari con il razionamento di alcuni generi e dell’energia stessa, fino al rischio di un coinvolgimento diretto nel conflitto.
La festa è finita e quei fratelli dell’Est ed il loro grido d’aiuto devono risvegliare in noi il coraggio di lottare di nuovo, come fecero i nostri nonni o bisnonni, per la nostra libertà, minacciata oggi da dittatori plutocratici che vogliono minacciare il nostro tenore di vita e la nostra autodeterminazione.
Bisogna smascherare il sogno egemone di Russia e Cina – la cui condotta è troppo ambigua e contigua – con le tasche piene anche di denaro nostro, tasche che abbiamo riempito secondo le regole del commercio internazionale, rispettando le regole del WTO.
Poco conta che ciò avvenga con la minaccia militare o con l’accaparramento e la razzia delle materie prime, il sogno egemone e la prevaricazione va combattuta. Il mondo occidentale, così pavido oggi, ha scelto di costruire il futuro con gli accordi economici, relegando al passato i trattati di pace, perché i primi si fanno con le strette di mano tra popoli che si rispettano per il reciproco benessere, i secondi si facevano con le pistole fumanti sul tavolo dopo che è stato versato il sangue tra vincitori e vinti.
Occorre isolare chiunque nel mondo pensi di imporre con il terrore o l’arroganza della ricchezza il proprio predominio, ecco perché dobbiamo sostenere la lotta degli ucraini, aiutarli a costruire le molotov, se necessario, scendere in strada a loro fianco per affermare che la libertà e la pace sono il bene supremo e che siamo disposti a combattere per preservarla.
Questa la lezione ucraina: non accettare le intimidazioni, non accettare la facile via della resa con un compromesso al ribasso sulla propria identità nazionale e la propria libertà.
A Kiev aleggia lo spirito di Schuman e Spinelli di un’Europa di popoli liberi dal terrore delle dittature sia quelle dei cannoni, sia quelle del ricatto energetico e commerciale. Memento Unione Europea.