Il tessuto produttivo italiano dell’auto è a un bivio. Dopo tre decenni di contrazione, può rilanciarsi con le nuove opportunità dell’elettrico o procedere verso un ulteriore ridimensionamento, industriale e occupazionale. È quanto emerge dallo studio presentato ieri a Roma da Motus-E e CAMI (il Center for Automotive and Mobility Innovation del Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia), dal titolo “Le trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano”.
Il report mappa oltre 2.400 aziende italiane fornitrici di componenti a livello nazionale e internazionale, con 280.000 addetti, e rivela che considerando le nuove sotto filiere della mobilità elettrica i posti di lavoro del settore auto possono aumentare del 6% entro il 2030. Un incremento subordinato alla lungimiranza della politica industriale dell’immediato futuro, a cui sommare altri 7.000 nuovi occupati solo nel segmento infrastrutture ed energia al servizio della eMobility.
Le evidenze sono frutto di un’analisi basata su una metodologia in grado di catalogare, per la prima volta, anche tutte le attività connesse alla produzione di veicoli elettrici. Grazie a un inedito grado di dettaglio, è stato possibile scandagliare il portafoglio prodotti delle singole aziende dell’ecosistema automotive italiano, definendo per ciascuna un indicatore che ne misuri le correlazioni tecniche con i mezzi a batteria.
Per allargare il perimetro di esame alle nuove realtà legate all’elettrificazione, lo studio ha messo sotto la lente i 19 macro moduli caratteristici della produzione auto italiana, a cui fanno riferimento 127 componenti elementari. In pratica, tutte le singole parti che compongono un veicolo, dalle valvole al tessuto dei sedili.
Partendo da una fotografia così puntuale, si sono potuti quindi stimare i riflessi occupazionali della trasformazione elettrica attraverso modelli dedicati per ciascuna tipologia di impresa o di prodotto, individuando il reale potenziale di crescita dell’automotive nazionale.
Al tempo stesso, l’analisi ha messo in luce però anche l’urgenza di politiche attive per la formazione e la riconversione del comparto, in assenza delle quali, alla luce dei megatrend globali, la filiera italiana finirebbe inevitabilmente per continuare a comprimersi. “Non si può rimanere indifferenti davanti a questi numeri, è evidente che per rilanciare l’industria italiana dell’auto occorra puntare subito sulle tecnologie in espansione, perdere tempo vorrebbe dire indebolire ulteriormente il settore e cedere ad altri Paesi la nostra leadership nella componentistica”, avverte Massimo Nordio, Presidente di Motus-E, “questa filiera è strategica e fondamentale per l’Italia, non possiamo più permetterci di trascurarla mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro, dopo quelli che abbiamo già perso tra il 1998 e il 2018”.
“I componenti italiani vengono apprezzati e montati sulle auto prodotte in tutto il mondo, è chiaro che il futuro è l’auto elettrica e quindi bisogna essere veloci a riposizionarsi”, sottolinea ancora Nordio, “oltre ai benefici per l’ambiente, è ora di comprendere anche quelli economici e sociali legati alla trasformazione energetica. Talento ed esperienza non mancano di certo alle aziende italiane, ma per rilanciare il settore e renderlo a prova di futuro adesso servono indirizzi di politica industriale pragmatici. Non si possono lasciare le imprese da sole in unmomento così delicato”.
“Piuttosto che giocare di retroguardia”, conclude il Presidente di Motus-E, “l’Italia deve proporsi come punta di diamante per lanciare un nuovo piano europeo per l’automotive, attrattivo al pari dell’Inflation Reduction Act degli Stati Uniti, in grado di calamitare in pochi mesi Oltreoceano decine di miliardi di dollari di investimenti per la mobilità elettrica”.
Per favorire una programmazione basata su dati ed evidenze scientifiche, insieme al report, Motus-E e CAMI hanno lanciato l’Osservatorio sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano, soggetto che prenderà in carico il metodo e gli asset sviluppati per metterli a disposizione di operatori e istituzioni, aiutandoli così a cogliere le opportunità che l’innovazione tecnologica offre. Uno strumento in continua evoluzione, che potrà accompagnare gli stakeholder attraverso qualsiasi mutamento di scenario, partendo dalle evidenze dell’analisi appena presentata.
“La filiera italiana dell’auto ha il potenziale per rimanere protagonista nell’industria. Ciò a patto che gli investimenti in nuove competenze e l’azione di riposizionamento siano rapidi, mirati e sostenuti da opportune azioni di policy”, sottolinea Francesco Zirpoli, Direttore scientifico del CAMI, “la nostra ricerca mostra che ci sono le condizioni affinché l’innovazione tecnologica porti benefici non solo di natura ambientale, ma anche economica e sociale”.
Ed è proprio in questo solco che si inserisce il fattore abilitante dell’Osservatorio permanente. “L’Osservatorio sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano”, spiega Zirpoli, “nasce per produrre evidenze scientifiche sullo stato dell’arte e sull’evoluzione delle competenze di imprese e lavoratori. I risultati dell’osservatorio saranno al servizio della ricerca, del sistema economico e dei policy maker. L’osservatorio avrà sede a Ca’ Foscari presso il Dipartimento di Management e si avvarrà della rete del CAMI, formata da studiosi e ricercatori delle Università e del CNR-IRCrES”.