I grandi casi giudiziari che si celebrano nelle aule di tribunale (e nelle pagine di giornale) sono una ridotta, se pur rumorosa, minoranza, rispetto alle vicende quotidiane che riguardano i normali cittadini. “Pillole dal tribunale”, libro scritto dal giornalista Umberto Maiorca, edito da Futura Edizioni, raccoglie 41 racconti, storie reali trattate davanti ad un giudice.
Storie a volte paradossali, altre irreali, con protagonisti diversi per istruzione, censo, occupazione, ma tutti alle prese con quel mondo in cui si dovrebbe incontrare la giustizia, ma ci si trova ad amministrare la legge.
Una serie di racconti che non descrive omicidi (a parte quello dei canarini) o sanguinose rapine, ma che narra di truffe e di cartomanti, di pesce surgelato svanito durante lo scongelamento, di coccodrilli trasportati nel bagagliaio, di gatti arsi vivi e dentisti (falsi) che rovinano la bocca ai pazienti oppure di visioni mistiche e di cambiamenti radicali di vita.
Poi c’è il sesso (vero motore delle relazioni umane) in palestra, tra marito e moglie, a scuola, dal fruttivendolo o usato come mezzo di scambio commerciale. E c’è anche un pizzico di calcio, cosa che non guasta mai.
Questo libro nasce dall’esperienza maturata dall’autore in quasi 20 anni di frequentazione del Tribunale penale di Perugia. Da quando si trovava in piazza Matteotti all’attuale sede nella palazzina ex Enel (un luogo mortifero, senza aria e indegno di ospitare anche il peggior criminale). “In questi anni ho visto criminali incalliti mentire spudoratamente sulla propria innocenza e persone normali distrutte nell’anima per trovarsi in tribunale. Una realtà che mi ha portato a riflettere su come si creda che solo i grandi casi giudiziari si celebrino nelle aule di tribunale (e nelle pagine di giornale), ma che in realtà si tratti di una ridotta, se pur rumorosa, minoranza, rispetto alle vicende quotidiane che riguardano i normali cittadini”, spiega a LabParlamento l’autore.
“Uno degli episodi che più mi ha colpito e divertito è stato durante un procedimento penale per il furto in un’attività commerciale che vendeva lingerie. La proprietaria era una donna, il giudice era una donna, l’avvocato difensore era una donna, l’avvocato di parte civile era una donna, la testimone era una donna. Terminata la testimonianza una delle parti interessate chiese quale fosse il negozio e ne nacque una discussione al femminile sull’abbigliamento intimo. Un episodio simpatico”, racconta Umberto Maiorca.
“In negativo ci sono molti episodi che riguardano la lentezza burocratica e credo si evinca anche da alcuni racconti. Le persone che amministrano la giustizia, che siano i pm o il magistrato, quando si siedono sul loro banco, con la loro toga, perdono spesso il senso dell’umanità. Tutto diventa materiale per un fascicolo e non si considera che lì c’è una persona accusata di aver fatto qualcosa”.
“Mi ricordo di un procedimento che seguii. C’era stato un incidente stradale e sotto processo misero colui che aveva parcheggiato male l’automobile sulle strisce pedonali. Aveva commesso un’infrazione, vero, ma misero sotto processo lui invece che la persona che aveva investito una signora. Un altro episodio, questo più simpatico ma che può apparire ridicolo, è quello di un nonno sotto processo per abuso edilizio. L’uomo in questione andava a lavorare la terra nell’orticello dei pensionati a Prepo e spesso portava con sé le nipotine. Per non farle annoiare aveva acquistato una casetta gioco di plastica per esterni. Se una qualunque costruzione rimane nello stesso punto per più di un anno per la legge è abuso edilizio. Cinque anni di processo per una casetta di plastica”.