di Ettore Savini
Al Viminale se lo aspettavano in pochi. Soprattutto non lo credeva possibile il ministro Lamorgese, che qualche giorno prima della nomina di Franco Gabrielli a sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con delega ai Servizi, aveva incontrato a pranzo i più fedeli De Gennaro boys, auspicando per l’ex capo della Polizia proprio l’incarico poi finito a Gabrielli. L’asse tra Simone Guerrini, capo della Segreteria di Mattarella, Enrico Letta e lo stesso Gabrielli, due pisani e un viareggino, ha invece fatto sì che nemmeno l’antica amicizia tra lo stesso De Gennaro e Mario Draghi bastasse. A Draghi, che di politica proprio non ne vuole sapere, è stato “consigliato” Gabrielli e lui lo ha incontrato, a poche ore dalla nomina, nella lussuosa foresteria di Villa Borghese, che proprio De Gennaro, quando era capo della Polizia, aveva fatto allestire a ridosso delle scuderie della Polizia a cavallo.
Un incontro breve, ma decisivo, i cui esiti hanno confermato come oggi al Viminale ci sia un ministro che conta poco o nulla. Sì, perché la partita dei sottosegretari ha visto la Lamorgese uscire sconfitta su tutta linea: non solo ha dovuto subire Gabrielli, ma anche (e questo per lei è forse ancor peggio) il più “cattivo” dei salviniani, vale a dire quel Molteni che era stato l’ispiratore della politica della chiusura dei porti. Certo, in questo mese scarso di governo, del Viminale si è parlato poco, perché gli occhi, in queste settimane, sono stati tutti puntati su Sanità ed Economia. Ma c’è da giurare che, dopo Pasqua, quando la pandemia probabilmente rallenterà e le attività riprenderanno, anche l’immigrazione tornerà ad essere argomento di discussione. E allora, statene certi, le difficoltà e l’impalpabilità del ministro Lamorgese, in mezzo a politici così agguerriti, torneranno ad emergere in modo indiscutibile.