La pizza è uno degli alimenti più amati da noi italiani e replicati all’estero.
Tonda, in teglia, alla pala, napoletana, romana o all’italiana, si tratta di un cibo “passepartout” perfetto da consumare in tutte le occasioni. Oltre all’asporto nel cartone singolo, classica cena da scapolo o del lavoratore stakanovista, questo gustoso prodotto a base di acqua, lievito e farina è sempre stato il protagonista di ogni tipo di evento. Dalle riunioni familiari, alle serate spensierate trascorse con gli amici di una vita, fino agli incontri meno sbottonati con colleghi o conoscenti e per quelli di cuore, la pizza mette d’accordo tutti, perché, diciamocelo, ha il potere di migliorare anche l’umore più nero. Infatti, questo alimento cotto in forno è ideale da assaporare non solo in contesti caciaroni, ma se si tratta di un pasto più formale la domanda che sorge spontanea è: posate sì o no? Il Galateo risponderebbe affermativamente, ma noi, che siamo più sentimentali e meno pretenziosi, optiamo per il no: mangiata con le mani è chiaramente più buona!
Ma quella che, da tempo immemore, non è più solamente una pietanza, ma un veicolo di identificazione tra una terra e il suo popolo è davvero 100% italiana? Prima di rispondere, si parte per un viaggio a tappe. Da principio, i lMedio Oriente, poi l’Egitto, fino alla Grecia per arrivare nell’antica Roma; sono i luoghi in cui, già più di 3000 anni fa, si preparavano dischi di farina lievitata, molto simili alle moderne focacce schiacciate.
E il termine “pizza”? Sarà stato coniato di certo a Napoli, e invece no! È il 997 d.C. e la parola sembra apparire perla prima volta in un documento ufficiale sul baratto in una cittadina costiera del basso Lazio, Gaeta.
Che non si offendano, però, gli amici campani! Se uno dei primi vocaboli dell’italiano volgare è stato coniato in un’altra regione, alla patria della Dea Partenope spetta il primato per ciò che concerne il prodotto. La pizza moderna, come la conosciamo e mangiamo noi, nasce con la vista su un mare blu e il Vesuvio sullo sfondo, già agli albori del XVII secolo. È una versione senza pomodoro, ma con basilico, olio e formaggio; per la salsa rossa si dovranno aspettare altri cento e passa anni: ecco che la famosa margherita vede la luce nell’allora Regno delle due Sicilie e arriva, intatta nella tradizione, fino alle nostre tavole.
Insomma, la pizza è una cosa seria, ma non solo nel capoluogo campano. Lo sa bene Daniele Di Grazia, romano Doc appena trentenne, che con le “mani in pasta” ci è praticamente nato.
“Sin da quando ero un bambino sono stato circondato dalla farina”.
Da questa frase si comprende subito che il lavoro di Daniele, chef pizzaiolo e mastro panettiere di terza generazione, è un affare di famiglia. Il mestiere, infatti, lo ha imparato da suo zio, per poi approdare, poco più che vent’enne, nel forno di Franco Palermo, celebre artista dei lievitati.
“Franco è stato il mio mentore, mi ha insegnato tanto ed è grazie a lui che è iniziato il mio percorso con Gabriele Bonci”. Racconta Di Grazia che nel celebre panificio con pizzeria del quartiere romano Prati ha lavorato per ben 1095 giorni. Lì il suo talento ci mette poco ad emergere perché, a soli ventiquattro anni, è a capo di una brigata composta da nove persone. Nel 2018 Di Grazia lascia le cucine di Bonci per raggiungere quelle di un antico forno di San Lorenzo, Ottavi che, anche e soprattutto grazie al lavoro giovane e capace di Daniele, si rinnova, senza perdere, però, la sua anima storica da realtà gastronomica di quartiere. Quello corrente è l’anno delle “due pagnotte”, il premio della guida “Pani e panettieri d’Italia”del Gambero Rosso attribuito alle eccellenze del settore. Il 2021 porta con sé anche un vento di novità: Daniele conclude la collaborazione con questo panificio di quartiere per iniziare un nuovo percorso “vista mare”. Al momento, infatti, lavora con la Società sapori VERI italiani per conto di cui gestisce un laboratorio di panificazione e pasticceria ad Ostia. Ma, Di Grazia ha scelto di investire arte e professionalità del suo mestiere anche a favore di terzi. Comincia, in tal modo, la sua carriera come consulente di due locali: le pizzerie“360GRADI” a Castel Romano e la neonata “Spartaco” nel cuore del quartiere Tuscolano.
Daniele Di Grazia non fa solo, ma, insegna pure. Circa tre anni fa cominciava, infatti, la sua avventura didattica con il Gambero Rosso e l’Excellence Academy presso cui dirige, rispettivamente, i corsi di “professione pizzaiolo” e panificazione, a fianco di un altro professionista degli impasti, l’amico Luca Pezzetta.
Questo giovane uomo che condivide il nome con l’ex centrocampista più amato della Capitale, ha, però, le idee chiare per il futuro:entro il 2022 inaugurerà un progetto tutto suo.
“Voglio aprire il mio locale in una zona popolare di Roma, magari tra Prenestino e Centocelle perché io vengo da lì. Ho il sogno di preparare pane e pizza genuini per la gente di “casa” mia”.
Ma che tipologia di pizza preparano le mani sapienti di Daniele Di Grazia? Ovviamente, napoletana esclusa, spazia dalla tonda romana alla teglia, ma il suo cuore è di quella alla pala.
E la farina?
“Le miscele le preparo rigorosamente io con un mix di farine di alta qualità 100% italiane ;lavoro solo con materie primeprodotte da micro-realtà agricole. Preparo il pane e la pizza che piacciono a me, che mi rendono diverso dalla massa, unico.”
Questa è una verità, quando assaggi la pizza di Daniele la riconosci, è come se firmasse ogni singolo impasto. È una storia passionale condita con un pizzico di freschezza di un ragazzo romano che per i suoi prodotti ha un impagabile ingrediente segreto: la voglia di fare bene.