Il confronto con i professionisti della formazione ha lasciato emergere una lacuna all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, programmazione strategica da 222,1 miliardi di euro, di cui 6,6 miliardi stanziati per formazione e lavoro.
Le amministrazioni stanno lavorando in sinergia per ottenere le quote spettanti, ma se nei tavoli di lavoro governativi sono presenti diverse associazioni di categoria, sembra, invece, mancare un ruolo forte per i Fondi Interprofessionali.
E’ un fatto che dovrebbe destare attenzione per almeno due motivi: i forti cambiamenti in atto all’interno del mercato del lavoro (transizione digitale e green) che richiedono nuovi interventi professionalizzanti; per lo 0,3% versato dai datori di lavoro, attraverso la retribuzione dei dipendenti, necessario a finanziare l’attività dei fondi paritetici interprofessionali.
La formazione è insomma un diritto dei lavoratori, eppure in poche regioni si investe costantemente. Secondo le stime dell’Osservatorio FondItalia in Lombardia 659 imprese hanno attivato un percorso di formazione nel 2021, 292 in Puglia, 183 in Campania. La Sicilia con 138 aziende è all’incirca a metà classifica.
Un più alto numero di aziende ha coinciso con un maggior numero di lavoratori formati tramite uno dei sei sportelli dell’Avviso Femi 2021.01: in Lombardia e Puglia sono stati coinvolti rispettivamente 6.187 e 4.784 occupati, segue il Lazio con 2.164, la Campania con 1.926, la Sicilia con 1.434 e l’Emilia Romagna con 1.416.
I due interventi articolati nel PNRR a favore della formazione professionale sono distribuiti in maniera da poter spingere le imprese ad investire. La missione 4 “Istruzione e ricerca” ha uno stanziamento totale di quasi 21 miliardi; la missione 1 “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura” ha una dotazione di 40 miliardi.
In aggiunta il piano Formazione 4.0, previsto dalla legge di Bilancio 22, concede a piccole e medie imprese italiane la possibilità di spendere fino a 250 mila euro l’anno in formazione usufruendo del credito d’imposta.
Secondo i calcoli proposti da Ipsoa, tuttavia, non sempre la spesa in formazione sembra essere comunque sostenibile per le aziende. Come per il caso del ruolo marginale dei Fondi interprofessionali, non si può rischiare di rendere meno efficiente l’accesso alla formazione professionale.
Il mondo del lavoro è in costante cambiamento e la necessità di creare occupabilità sono input per opportune riflessioni sulla funzionalità delle misure.