*A cura di Tiziana Cignarelli e Antonella Trentini
Le risorse del Pnrr costituiscono occasione unica di rinnovamento della PA ed il decreto reclutamento dovrebbe rappresentare, nelle intenzioni del legislatore, il terzo pilastro dell’attuazione del Piano di ripresa e resilienza, attraverso cui dotare rapidamente le pubbliche amministrazioni di personale altamente qualificato e formato.
Purtroppo, le disposizioni legislative sembrano attestarsi sempre più, a nostro giudizio, ben al di sotto delle aspettative e, quel che è peggio, non sono coerenti con l’applicazione delle finalità e degli obiettivi enunciati, considerato che lo svolgimento dei compiti funzionali all’attuazione degli interventi del piano è demandato a figure dirigenziali amministrative, peraltro attinte anche all’esterno, per le quali non sono previsti requisiti specifici e specialistici, né criteri stringenti, a fronte di un aumento del numero dei dirigenti e dei costi.
Per non parlare delle competenze tecniche, professionistiche e specialistiche, da tutti evocate come fattore dirimente per il rilancio e la rigenerazione della PA, in relazione alle quali il “decreto reclutamento” (decreto legge n. 80/21, conv. in legge 113/21), pur prevedendo una serie di requisiti e titoli iper professionali e di elevatissimo livello ed esperienza, di fatto ne comprime portata e rilevanza, prescrivendo che siano equiparate, per quanto attiene al trattamento economico fondamentale ed accessorio e ad ogni altro istituto contrattuale, al profilo funzionariale ministeriale.
In buona sostanza, per le migliori competenze professionistiche e specialistiche, iperqualificate e iperformate, non si prevedono inquadramenti di area dirigenziale ma si dispone un inquadramento con ridotta autonomia organizzativa e professionale che, nel concreto, finirà per mortificarne l’operatività e l’azione con la sottoposizione gerarchica alla dirigenza amministrativa, che invece va affiancata da paritarie competenze professionistiche per migliorare la capacità operativa e la qualità della PA rispetto all’esperienza della burocrazia sin qui maturata, che ha dimostrato tutti i limiti di di cui il recovery fund e il PNRR chiedono il superamento.
Al di là delle intenzioni e degli slogan, dunque, sta emergendo una visione di prospettiva che vede il (solito) rafforzamento del classico apparato burocratico, da sempre all’apice della Pubblica amministrazione e che ha portato la PA italiana alle non certo lusinghiere posizioni nelle classifiche internazionali di efficienza, trasparenza, tempestività e qualità.
Di contro, le competenze tecnico specialistiche e professionali, indicate in più punti del PNRR come la leva di modernizzazione e rinnovo della PA, nonché i perni sui quali improntare la realizzazione del Pnrr, tenuto conto anche dell’attuale grave carenza di tali professionalità e competenze nella Pa, finiscono con l’essere inquadrate come impiegati, con conseguenti limiti di autonomia e iniziativa.
Non si è colta, ancora una volta, l’occasione per strutturare una vera e propria classe dirigente moderna, multidisciplinare e specialistica per integrare la classica, preesistente, dirigenza e rigenerare l’apparato burocratico.
Non si è colta l’occasione di rafforzare le professionalità tecnico-specialistiche come elemento di discontinuità e di competitività della Pubblica Amministrazione, garantendo maggior spazio e rilevanza anche mediante un inquadramento contrattuale nelle aree dirigenziali, eventualmente anche in sezioni separate in quanto figure equipollenti o omologhe, caratterizzate da specializzazioni e tecnicità delle competenze, così da attrarre le migliori competenze.
Non si è colta l’occasione di una discussione e di un confronto inclusivo con chi opera effettivamente all’interno della PA e da sempre formula proposte in materia di deburocratizzazione, digitalizzazione e rigenerazione della PA attraverso la valorizzazione delle competenze professionistiche multidisciplinari, interne ed esterne alla PA, che in questo particolare momento storico possono costituire la leva di semplificazione e accelerazione dei processi decisionali delle Pubbliche amministrazioni, non solo per l’attuazione degli indirizzi contenuti nel Recovery Plan, ma anche per la PA competente, efficiente e deburocratizzata del futuro.
Arduo quindi pensare che il PNRR si poggi su competenze tecniche subalterne alla burocrazia, in un siffatto quadro. Difficile attrarre fini competenze (la leva dei professionisti introdotta nel PNRR e nei documenti programmatici), se si vuole inquadrarle nel funzionariato, per di più a tempo determinato: super specializzati ma privi di autonomia, competitivi ma ingessati nella gerarchia burocratica, deboli per instabilità del rapporto.
E’ dunque un ossimoro che un corpo di professionisti così trattato possa dare la spinta necessaria ai progetti. Riforme che vadano in tal senso sono opposte all’intento, meramente asserito, di rendere la PA attrattiva delle migliori competenze professionistiche iperqualificate alle quali, al contrario, andrebbe garantito un giusto inquadramento contrattuale che corrisponda ad una equa ed adeguata retribuzione: competititività (del Paese), fa rima con remuneratività (del professionista).
I protocolli adesivi sottoscritti da CNF e altri Organismi rappresentativi degli Avvocati andrebbero rivisti per riparametrare la figura dell’avvocato specialista ad un rango dirigenziale o equipollente, che rischia di snaturare l’essenza stessa della professione, e cioè l’autonomia dell’Avvocato.
Senza costruire la figura del professionista della PA tra adeguatezza della retribuzione, garanzia di autonomia professionale e organizzativa e qualità della prestazione professionale, la PA non sarà mai attrattiva. Cambiare tutto per non cambiare nulla. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
* Avv. Tiziana Cignarelli, Segretario Generale della Federazione Flepar e della Confederazione CODIRP. Avv. Antonella Trentini, presidente nazionale Unaep.