Posizioni divergenti tra Tesoro e Mise: i rischi della cessione ai privati
C’è un tema che potrebbe aprire una crepa nella maggioranza guidata da Paolo Gentiloni. E non riguarda le accise o la ‘manovrina’ che preoccupa i governisti (per i conti) e fa arrabbiare i renziani (per il consenso).
Parliamo di Poste, la cassa che raccoglie i depositi di milioni di risparmiatori italiani. Entro l’anno dovrebbe esserci la seconda tranche di privatizzazioni di Poste Italiane, una dismissione del 30% che si andrebbe ad aggiungere a quella – analoga – di ottobre 2015. Si stima che la nuova collocazione sul mercato porterebbe nelle casse del Tesoro quasi 2,5 miliardi di euro, ovvero l’ultima parte del capitale di Poste detenuta dal Mef. La decisione su Poste rientra nell’impegno preso dall’Italia verso Bruxelles di ridurre il debito tramite le privatizzazioni: almeno 7 miliardi nel 2017.
Ma nel Governo l’argomento divide e c’è chi – con forza – sottolinea come questa seconda privatizzazione potrebbe essere un grave errore strategico.
Di questa seconda scuola di pensiero fa parte il sottosegretario allo Sviluppo Economico Antonello Giacomelli, in contrapposizione con il primo sponsor della cessione: il MEF di Pier Carlo Padoan. In un’intervista rilasciata a Repubblica la scorsa settimana, Giacomelli ha messo in luce i rischi che scaturirebbero da una privatizzazione di Poste. In primis per la tenuta dei campioni pubblici “in un Paese dove l’investimento straniero avanza”.
“È chiaro sin da ora che le importanti quote collocate andranno nei portafogli di fondi internazionali e grandi investitori stranieri, focalizzati solo sui rendimenti garantiti – spiega Giacomelli – realtà pronte a sacrificare gli ambiti in perdita: recapito, sportelli, personale. Con un impatto forte sul ruolo di Poste e del suo servizio”. Quindi riduzione del debito sì, ma con raziocinio. L’affermazione di Poste Italiane anche nei settori finanziari – è il ragionamento del sottosegretario – non deve far dimenticare che “è la società che garantisce circa un quarto del debito pubblico italiano, nonché la cassa dei risparmi di una parte rilevante del Paese”.