Cresce la povertà in Italia. Nel 2020, segnato da una forte contrazione dell’economia per la pandemia, sono risultate in condizione di povertà assoluta oltre due milioni di famiglie (7,7% del totale in crescita dal 6,4% del 2019, quando erano 1,7 milioni), per complessivi 5,6 milioni di persone (al 9,4% dal 7,7%). Il dato è comunicato dall’Istat che rileva come dopo il miglioramento del 2019, nell’anno dell’esplosione del Covid-19 la povertà assoluta aumenta raggiungendo il livello più elevato dal 2005, inizio delle serie storiche. Secondo l’istituto di statistica il 47% dei poveri risiede al Nord contro il 38,6% del Mezzogiorno.
Nello specifico, la soglia della povertà assoluta, infatti, è legata sia alla composizione della famiglia sia al luogo di residenza e va da un minimo di 569,96 euro per un adulto (18-59 anni) residente in un piccolo comune del Sud a un massimo di 1.970,27 euro per una famiglia di cinque componenti con tre minori residente al centro di un’area metropolitana del Nord. E se la povertà è aumentata nonostante il reddito di cittadinanza e gli interventi messi in campo dal Governo (dalle indennità covid al reddito di emergenza passando per la cassa integrazione e i fondi di solidarietà ) è pur vero che – segnala l’Istat – questi hanno limitato l’impatto della crisi sulle famiglie con un calo dell’intensità di povertà.
Il tasso delle famiglie in povertà assoluta è passato dal 6,4% del 2019 (anno nel quale è stato introdotto il Reddito di cittadinanza) al 7,7% del 2020 con 2.007.000 famiglie in difficoltà, 333.000 in più rispetto a un anno prima. Gli individui nel complesso in povertà assoluta sono 5,6 milioni, pari al 9,4% del totale (dal 7,7% del 2019). Le famiglie sotto la soglia della povertà relativa sono 2,6 milioni, l’11,4% del totale). Sono in povertà assoluta 1,3 milioni di minori con una percentuale del 13,5% del totale (rispetto al 9,4% degli individui in generale) e in crescita di oltre due punti sull’anno precedente, aumento superiore a quello dell’intera popolazione. L’Istat segnala come la povertà familiare sia cresciuta soprattutto al Nord (dal 5,8% al 7,6%), anche se l’incidenza complessiva si conferma più alta nel Mezzogiorno, con una crescita di 1,8 punti a fronte dell’aumento di 1,3 punti nel complesso.
L’incidenza di povertà assoluta e’ piu’ elevata tra le famiglie con un maggior numero di componenti: è infatti al 20,5% tra quelle con cinque e piu’ componenti e all’11,2% tra quelle con quattro e si attesta invece attorno all’8,5% se si e’ in tre in famiglia. L’incidenza della povertà cresce per le famiglie che vivono in affitto: le famiglie che pagano una pigione sono il 18,3% delle famiglie residenti ma sono il 43,1% di tutte le famiglie povere( 866.000 nuclei). I dati sulla povertà sono stati commentati con preoccupazione dai sindacati che sono tornati a chiedere al Governo la proroga del blocco dei licenziamenti almeno fino a ottobre. “La povertà aumenta perche’ si è poveri anche lavorando”, afferma il numero uno della Cgil, Maurizio Landini stigmatizzando “le troppe forme di lavoro precario”.
Nel 2020 è aumentata la povertà di chi lavora anche a causa del massiccio uso della cassa integrazione (che riduce le buste paga) nel lavoro dipendente e delle chiusure per chi fa un lavoro indipendente. Di dati “allarmanti” parla il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra mentre Bombardieri chiede al Governo di “agire” di fronte alla disuguaglianze che aumentano. Infine la sottosegretaria all’Economia Cecilia Guerra chiede di rivedere il reddito di cittadinanza per correggere il peso, oggi insufficiente, che hanno i minori nel nucleo familiare e i criteri per la concessione agli stranieri che nel 2020 avevano il 29,3% delle famiglie in povertà assoluta.