Diverse le iniziative volte a contrastare la povertà nelle due città, dal cui confronto emerge un quadro in chiaroscuro
di Alessandro Alongi
Secondo le rilevazioni ISTAT si stima che all’incirca 1,8 milioni di famiglie in Italia siano in condizioni di povertà assoluta, al di sotto quindi del livello di vita ritenuto minimamente accettabile. Un vortice all’interno del quale si trovano 5 milioni di concittadini, in gran parte concentrati nel centro e nel Mezzogiorno.
Ancora una volta Roma si conferma capitale, seppur della miseria. Nelle sue strade vivono tra le 14 mila e le 16 mila persone senza fissa dimora, numero in costante crescita. Spostando lo sguardo sotto la Madonnina, dopo dieci anni di crisi, tutti i principali indicatori della povertà meneghina stanno pian piano tornando ai valori precedenti al 2008. Nel nord Italia la Lombardia, con un incidenza di povertà al 3%, è la regione a minore diffusione del fenomeno, seguita dal Trentino Alto Adige (3,8%) e dall’Emilia Romagna (3,9%).
Le cause sono molteplici. Innanzitutto il tasso di disoccupazione, più contenuto a Milano (6,5% nel 2017) e più alto a Roma (9,8%), dato che fa il paio con quello degli investimenti finalizzati allo sviluppo della città, fermi o quasi nella capitale e in continua espansione nel capoluogo lombardo. Anche le prospettive future non sembrano rassicuranti per la città eterna: gli investimenti programmati nel 2019 sono pari a 163 euro per abitante, mentre a Milano sono undici volte maggiori, ben 1.786 euro.
Causa conseguente del rallentamento economico un progressivo impoverimento della ricchezza degli abitanti residenti nella capitale, con un PIL medio in costante riduzione dal 2011 ad oggi. Secondo le rilevazioni fornite dalla UIL Roma, sei anni fa, si collocava al quarto posto nella graduatoria delle province italiane, scendendo al 7° posto nel 2014, con un valore aggiunto per abitante pari a 31.076 euro. La provincia romana presenta uno scarto di oltre 10.000 euro rispetto a Milano che si posiziona al primo posto nella classifica (44.775 euro), seguita da Bolzano (36.440) e Bologna (34.309).
Sotto il Cupolone gli under 29 e gli ultrasessantenni sono le fasce della popolazione a pagare il maggior conto, registrando le maggiori sofferenze e patendo la mancanza di opportunità di inclusione sociale: sono troppi, insomma, quelli che restano ai margini della città.
Ma in fatto di solidarietà e assistenza ai più piccoli Roma arriva prima. Il primo supermercato “gratuito” per i meno fortunati (si accede tramite una tessera rilasciata dalle parrocchie locali) è nato proprio nella capitale, dieci anni fa. L’Emporio della solidarietà, diretto dalla Caritas romana, dal 2008 ad oggi ha sostenuto quasi 9 mila famiglie in difficoltà, dando conforto a più di 26 mila persone. L’esperienza è stata replicata soltanto di recente dalla Caritas ambrosiana, che a gennaio ha avviato il suo emporio, inizialmente calibrato per soddisfare le esigenze di 200 famiglie. Altra eccellenza capitolina è rappresentata dall’alto numero di posti negli asili nido: come recentemente fotografato da Openpolis, con il 42% di copertura della domanda potenziale la città di Roma si pone non solo al di sopra della media italiana per presenza di asili (23%), ma anche oltre gli obiettivi fissati in sede europea (33%). Staccata anche Milano, ferma al 39,20%.
Tra le iniziative volte ad alleviare privazione e indigenza le più innovative, però, si trovano nel capoluogo lombardo, dove si assiste ad una maggiore presenza della mano pubblica nelle politiche sociali: le squadre antidegrado «Bella Milano», ad esempio, coinvolgono disoccupati chiamati a curare le aree verdi comunali e nella raccolta dei rifiuti, in cambio di una borsa lavoro. Nella capitale la strategia è diversa, dove l’amministrazione punta maggiormente alla formazione professionale di chi è ai margini dal mondo del lavoro. Sono 15 i «Centri di Orientamento al Lavoro», un servizio di avviamento indirizzato ai singoli cittadini, grazie al quale è possibile definire con chi ne ha esigenza un percorso formativo e professionale. Attiva anche una «Scuola d’Arte e dei Mestieri» a cui possono iscriversi tutti coloro che abbiano superato l’età della scuola dell’obbligo. Accanto a questi percorsi ve ne sono altri di aiuto più pratico, come i 7 centri di pronta accoglienza, presso i quali viene offerto un posto letto, igiene personale, lavanderia, cambio abiti e mensa.
Seppur ammirevoli, le iniziative romane sembrano meno incisive delle omologhe milanesi, specie in riferimento agli strumenti di sostegno al reddito. Un occhio di attenzione alle famiglie in difficoltà del capoluogo lombardo viene dal BAF, il Buono di Assistenza Familiare, un intervento economico finalizzato ad un supporto nel pagamento di un assistente personale (badante o baby sitter) o dal Reddito di maternità, un contributo da spendere per prodotti e servizi per il bambino appena nato, iniziative che si affiancano al Reddito di autonomia attivato dalla Regione Lombardia, con specifiche misure per famiglie, anziani e disabili a rischio povertà. Niente di paragonabile, purtroppo, nella Capitale.
Ma dove non arriva il pubblico arriva (per fortuna) il privato, e le parrocchie in particolare. Nell’ultimo anno, grazie all’impegno di 6 mila volontari, all’ombra del Colosseo è stato possibile dare da mangiare a oltre 10 mila persone, accogliere 2.400 senza dimora, curare 5 mila malati indigenti, incontrare e sostenere 5 mila detenuti.
Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur. Quello che non manca però nella Capitale sono le riflessioni, le tavole rotonde e i seminari sul fenomeno. Il 17 ottobre prossimo, ad esempio, il Comune organizzerà eventi, manifestazioni e iniziative di sensibilizzazione in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della povertà. Un tentativo per focalizzare di nuovo l’attenzione su un tema che ormai affligge tutte le più grandi capitali del mondo.