Il Direttore di LabParlamento ha intervistato il docente di Finanza Aziendale su bitcoin e valute digitali. “Che queste monete possano essere acquistate o vendute su ‘pseudo-mercati’ non li trasforma in uno strumento accessibile agli investitori. Manca un qualsivoglia aggancio all’economia reale o finanziaria”
Dolcetto o scherzetto? A parlare di criptovalute, moneta digitale, bitcoin come investimenti del futuro viene da chiedersi cosa effettivamente ci sia di vero o se non sia questa la fake news economica del secolo. A fornirci un’analisi del fenomeno è il prof. Alberto Manelli, docente di Finanza Aziendale presso l’Università Politecnica delle Marche di Ancona, secondo il quale “oramai non è più rinviabile un intervento delle Autorità finanziarie che forse non riusciranno a mettere sotto controllo questi meccanismi perversi, ma almeno potranno rendere edotti i piccoli risparmiatori sui rischi legati alle criptovalute, convincendoli soprattutto del fatto che, in finanza, quando il guadagno è troppo facile…gatta ci cova”.
Prof. Manelli, quello delle criptovalute rischia di essere la fake news economica del terzo millennio?
“Un alone di mistero e magia sembra avvolgere le criptovalute: un qualcosa di intrigante, ma riservato ai soli ‘adepti’ della religione della Rete, esperti certamente in sistemi informatici, ma forse digiuni dei meccanismi tipici dei mercati finanziari”.
Ci aiuti a fare luce su questo fenomeno che anche nel nostro Paese comincia a diffondersi. Di cosa stiamo parlando?
“Volendo fare chiarezza sulla natura delle criptovalute, è bene da subito sgombrare il campo dalla convinzione che si tratti di una forma di investimento nella quale allocare in modo efficace ed efficiente i propri risparmi: il fatto che tali monete, qualunque sia il loro nome e qualunque sia il loro grado di notorietà, possano essere acquistate o vendute su ‘pseudo-mercati’ finanziari, non li trasforma magicamente in uno strumento accessibile agli investitori”.
Per quale motivo?
“Semplicemente perché a tali prodotti manca un qualsivoglia aggancio all’economia reale o a quella finanziaria ed anche la benché minima possibilità di creare un legame logico tra rischio e rendimento, così da rendere consapevole il risparmiatore delle sue scelte, uscendo dalla condizione della pura scommessa”.
Può spiegarci come funziona il sistema che governo la valuta digitale?
“Le criptovalute rappresentano una modalità convenzionale, in virtù della quale gli aderenti accettano di scambiarsi, vendere o acquistare un’unità monetaria da loro definita, che sulla base del fatto che venga più o meno cercata, registra un aumento o una diminuzione di valore, sempre e solo tra gli aderenti alla convenzione. Questa forma impropria di moneta, però, vale solo e soltanto tra quelli che, aderendo alla convenzione, ne accettano il potere di acquisto collegato: potere d’acquisto che, come detto, dipende da quanto è ritenuta “appetibile” la moneta stessa”.
Le modalità per accedere a questo mercato virtuale garantiscono il totale anonimato. Quali sono i rischi?
“Le modalità totalmente anonime con cui si possono acquistare o vendere “portafogli” di tali monete comporta due conseguenze, entrambe molto pericolose: la prima, è che tali strumenti servano per rimettere in circolo denaro di provenienza illecita, non consentendo in alcun modo di tracciare le operazioni eseguite; la seconda, è che la stessa persona, creando due posizioni diverse sulle piattaforme abilitate a commercializzare tali strumenti e scambiando tra esse innumerevoli volte le monete detenute, ne può far lievitare in valore in modo assolutamente artificioso, senza neanche che la domanda effettiva sia realmente cresciuta”.
Insomma, si potrebbe sostenere che le criptovalute assomiglino molto più ad una pura scommessa, piuttosto che ad un investimento finanziario.
“Neanche questo è vero perché mentre nel gioco d’azzardo l’unica regola valida è quella della totale e assoluta casualità, nelle criptovalute possono essere modificate le regole di funzionamento in modo subdolo e strumentale ai propri interessi”.
Il rischio più grave qual è?
“E’ che questa catena si interrompa in uno qualsiasi dei suoi nodi: in altre parole, è sufficiente che qualche possessore di una criptovaluta decida di non adempiere più all’obbligo assunto all’atto della adesione alla convenzione e cioè convertire a richiesta la suddetta criptovaluta in moneta avente valore legale. In questo modo l’intero castello costruito cadrà inesorabilmente, riducendo a nulla il valore detenuto dai possessori della medesima criptovaluta”.
Un rischio al quale però gli investitori non sembrano sottrarsi.
“Il rischio che ciò possa accadere, paradossalmente, aumenta al crescere della diffusione di questa pseudo-moneta: certamente qualcuno ne avrà tratto significativi vantaggi economici vendendo la criptovaluta ad un prezzo superiore al valore di sottoscrizione. Ma poiché il tutto è basato solo su una convenzione, altre persone vedranno svanire i propri risparmi in poco tempo, senza poter ricorrere a nessuno per far valere i propri diritti, non essendo stata introdotta alcuna regolamentazione”.