Pd, M5S e Fi uniti su rapida approvazione del sistema tedesco. Da oggi al voto gli emendamenti in Commissione Affari Costituzionali
Via libera al sistema elettorale tedesco, da approvare entro la prima settimana di luglio. Questo è stato il risultato delle consultazioni tra i capigruppo di Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Forza Italia, ratificato da Matteo Renzi durante la Direzione dem di ieri sera.
Se non sorprende l’esito ormai scontato della partita sulla riforma elettorale (era chiaro da alcuni giorni che il proporzionale vigente in Germania sarebbe stato il punto di caduta della trattativa), vanno invece registrate come novità rilevanti l’indicazione di una tempistica precisa dell’iter parlamentare e l’irremovibilità dei partiti maggiori sull’introduzione della soglia di sbarramento nazionale al 5%.
Per quanto riguarda il primo aspetto, aver reso pubblico che l’ok delle Camere alla legge tedesca arriverà in poco più di un mese (Renzi ha addirittura affermato che “o la riforma si fa a inizio luglio, o non si fa più”) equivale, implicitamente, ad aver comunicato la data di scadenza della Legislatura, mettendo così in moto la macchina delle elezioni anticipate. Se anche i prossimi trenta giorni saranno carichi di tensione politica come gli ultimi, sarà infatti sempre più difficile per il Quirinale e per alcuni settori dell’arco parlamentare sostenere, seppur con validi argomenti, che andare al voto in autunno sarebbe un rischio eccessivo per il Paese. Al contrario, stanti le difficoltà che sta incontrando l’azione del Governo e della sua maggioranza non ci sarebbe da sorprendersi se, dopo il varo della Manovrina, la riforma elettorale fosse l’ultimo provvedimento di peso licenziato dal Parlamento. A quel punto, l’apertura delle urne nella seconda metà di settembre, o al più tardi a ottobre, sarebbe realtà.
Sul fronte dello sbarramento, la decisione con cui Pd, Fi e M5S sembrano escludere ogni discussione sul punto rivela fin da ora uno dei temi ricorrenti della futura campagna elettorale: l’appello agli elettori a concentrare i voti sulle forze in grado di ottenere un ampio numero di seggi, senza “sprecare” consensi per partiti con poche possibilità di entrare in Parlamento. Sarà ora da vedere quale sarà la reazione dei soggetti sulla carta più penalizzati dalla soglia al 5%: Alternativa Popolare e le formazioni a sinistra del Partito Democratico.
Se il partito di Angelino Alfano non sembra avere chance di poter superare la “tagliola” (a meno che non arrivi una ricucitura dei rapporti con Forza Italia), interessante è la situazione che si sta determinando tra Mdp, Campo Progressista e Sinistra Italiana. La nota con cui ieri il movimento di Giuliano Pisapia ha condannato le larghe intese potrebbe rappresentare il primo passo nella costruzione di una lista unitaria a sinistra dei dem, che qualora raccogliesse importanti adesioni, ottenendo in seguito un buon risultato nelle urne, sarebbe in grado di costringere Matteo Renzi a scegliere (sfruttando i connotati del proporzionale) tra un accordo post elettorale con Silvio Berlusconi e il ritorno a una coalizione di centrosinistra sul modello dell’Ulivo.
I ragionamenti fin qui condotti rimarranno sullo sfondo del dibattito delle prossime settimane, finché non si arriverà veramente alla soluzione del rebus. Nell’immediato, si può registrare che nel pomeriggio di oggi partiranno le votazioni degli oltre 400 emendamenti presentati al “Rosatellum” nella Commissione Affari Costituzionali della Camera, dove dovranno quindi tradursi in norme gli impegni presi a parole da tutti i principali leader politici.