Il ministro decide di iscriversi al partito e si candida a giocare per il post-Renzi
di LabParlamento
Il giorno dopo le annunciate dimissioni “a tempo” di Renzi dalla segreteria, nel Pd c’è un gran fermento. E non mancano i colpi di scena. «Non bisogna fare un altro partito ma lavorare per risollevare quello che c’è. Domani mi vado ad iscrivere al Pd». Così di buon mattino su twitter il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, rispondendo a chi gli chiedeva di iscriversi alla svelta a un partito, o, meglio ancora, di fondarne un altro. A stretto giro il plauso per la scelta di Paolo Gentiloni che sempre via Twitter scrive «grazie Carlo». «La scelta giusta, grazie a Carlo Calenda» fa sapere Maurizio Martina. Per Anna Finocchiaro «è molto bello ed importante che in un momento difficile ci sia chi vuole dare il proprio contributo al Pd, al suo pluralismo e al suo rafforzamento. Benvenuto a Carlo Calenda». Esprime gioia anche il portavoce dem Matteo Richetti: «Preparo il comitato d’accoglienza! Che bella notizia Carlo Calenda! Si riparte alla grande».
“Rimboccarsi le maniche e ripartire. Senza rese dei conti ma cercando di capire insieme gli errori fatti. Io intanto oggi torno al ministero a lavorare. Le crisi non vanno in vacanza”, aveva commentato, sempre su twitter, il ministro, subito dopo il voto per poi intervenire a stretto giro anche riguardo all’annuncio delle dimissioni del segretario: d’accordo sulla linea “no a inciuci” con le forze anti-sistema, ma contrario alle critiche renziane al Quirinale per il mancato voto anticipato e soprattutto per l’impostazione “troppo tecnica” alla campagna elettorale. Sullo sfondo del panorama politico infatti c’è soprattutto il timore del segretario che Sergio Mattarella, con la sua linea, possa favorire l’asse tra dem e M5s. Il capo dello Stato, infatti, ha fatto sapere che intende affidare l’incarico di governo a chi gli porterà il 50% più uno dei seggi e quindi una maggioranza in grado di sostenere un esecutivo. Non si accontenterà di governi di minoranza o raccogliticci ma chiederà ai tre poli di trovare, almeno tra due di questi, una convergenza. Ecco così spiegate le parole del segretario dimissionario: evitare che una linea netta, il no a un governo Pd-M5s, possa venire ribaltato dal partito, con il Quirinale a fare da sponda.
E’ in questo clima di lunghi coltelli, che l’iscrizione di Calenda al Pd rappresenta il classico sasso nello stagno. Un gesto forte e inatteso, che cambia le carte in tavola. Se infatti le minoranze del partito erano divise e disorientate, con i capi abbacchiati e provati da scontri nei collegi elettorali spesso persi, ora questi possono trovare nel ministro dello Sviluppo un nuovo leader. Il profilo di Calenda del resto è in linea con il nuovo Pd: uomo di cultura industriale ma allo stesso tempo vicino ai lavoratori dopo le lunghe trattative per evitare crisi aziendali e chiusure di fabbriche dall’Alcoa all’Embraco. Conosciuto all’estero e molto decisionista, oggettivo e pronto a schierarsi senza temere le critiche, potrebbe essere individuato come l’anti-Renzi in una battaglia congressuale che comincerà lunedì, con la riunione della direzione del partito. Ma si prospetta dura e lunga.