L’ipotesi di un Mattarella bis è sempre stata lì. Non sul tavolo, ma sopra di esso, ad aleggiare insospettabilmente. D’altronde già Marzio Breda – tra i quirinalisti più importanti del paese – ben prima che si avviasse questa settimana della Marmotta, dove ogni giorno è stato uguale a quello prima, e confluente in un nulla di fatto, ci aveva avvertiti. “Non potrebbe sottrarsi alla rielezione, se glielo chiedessero”, aveva detto ospite a Coffee Break. Parole che, a risentirle ora, appaiono come una profezia azzeccata che viene dal passato.
Non il sesto, ma il quinto giorno. È lì che l’ipotesi bis è divenuta realtà. Lo scrutinio del secondo voto di giornata ha visto Sergio Mattarella investito di 366 voti. Ben 170 in più rispetto al giorno prima e da considerarsi al netto dei 450 circa astenuti del centrodestra. È facile immaginare che tra questi ci sarebbero stati altri voti provenienti tra l’area forzista e quella leghista, e che quindi le schede marchiate Mattarella sarebbero state molte di più.
Insomma, mentre avanzava l’ipotesi Belloni, c’era questo grosso segnale premonitore che in molti hanno ignorato, o finto di ignorare. Un movimento dal basso all’interno del Parlamento. È in questo clima che Sergio Mattarella, è stato rieletto Capo dello Stato. Con tutti i pro e contro, che questo comporta.
Pro
Parliamo di un presidente amato, che ha dimostrato di saper essere espressione super partes. La condotta dell’ultimo settennato lo investono di una indiscutibile tenuta morale, istituzionale, e umana. Poi c’è il contesto: tra l’uscita della pandemia e la gestione delle ingenti risorse provenienti dal PNRR, ecco che al timone, durante la tempesta, rimangono mani indiscutibilmente solide.
Con altre mani, quelle di Draghi, ben salde su Chigi. L’altro vantaggio del bis è proprio questo: non ha lasciato morti per strada (Anche se qualche leader ne esce con le ossa rotte) consentendo al governo di non cadere e di proseguire fino a fine legislatura.
Contro
Il contro è la riprova, inesorabile, del fallimento della politica. Dejà vu di quanto visto nel 2013 (quando i partiti pregarono Napolitano di proseguire) e pericolo della creazione di una prassi che pur non essendo anticostituzionale, è contraria al principio dell’alternanza: aspetto a cui si è ispirata la costituzione onde evitare accentramenti di potere, e segnale somatico della salubrità di una democrazia (Hamon, 1977).
Poi c’è tutto il discorso umano, sullo sfondo. Tra dichiarazioni, messaggi verbali e non verbali, scatoloni chiusi, voli per Palermo, in quanti altri modi dovrebbe far capire di non essere interessato al bis? Se si avesse avuto riconoscenza dell’uomo, e del servizio svolto negli ultimi sette anni, si sarebbe potuto anche evitare di trascinarlo in questa assurda situazione.
Dalla quale, proprio in virtù del suo innato senso delle istituzioni, non ha potuto divincolarsi, anche se – come ha detto nella dichiarazione post elezione – “Aveva altri piani”. Lo ha spiegato bene il professor Cassese, un altro dei profili invocati nel mare magnum, intervistato a RaiNews24: “Le cariche pubbliche non si sollecitano e non si rifiutano”.
Doveva pensarci il Parlamento, evidentemente, ad evitare la composizione di questo romanzo kafkiano ambientato al Quirinale. Invece si è andati da lui, da Mattarella, a furor di popolo: tutti macchiati dal peccato dell’incapacità di fare politica.