Il Covid 19 ha richiamato l’attenzione di tutti sul tema della salute pubblica, ma ci sarà anche un sistema economico sociale da ricostruire con regole nuove.
Quando l’emergenza sarà passata ci troveremo, in positivo, con una maggiore attenzione alla salute pubblica, ma anche, in negativo, con la peggiore combinazione – in Europa e nella nostra storia repubblicana – alto debito pubblico, bassa natalità, bassa presenza degli under 35 nel sistema produttivo italiano. Questa la previsione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL), contenuta nell’ultimo rapporto sul mercato del lavoro presentato all’inizio del 2021.
Già alla fine del 2019 – si legge nel corposo documento di circa 400 pagine, – l’Istat aveva identificato; diversi segnali di stagnazione per l’economia italiana, sottolineando diverse problematiche dal punto di vista strutturale. A gennaio e febbraio 2020, tuttavia, si erano notati timidi spunti di ripresa, soprattutto in tema di produzione industriale e commercio estero, ma il Covid-19 che ha colpito alla fine di febbraio ha quasi bloccato gli scambi internazionali; e la domanda estera per le nostre imprese. Attualmente il quadro economico internazionale si presenta particolarmente complesso poiché l’emergenza sanitaria ha generato uno shock globale di eccezionale intensità.
Se alla contrazione della domanda estera si aggiungono poi i vari “scostamenti” resi necessari per dare un minimo supporto alle attività produttive del Paese ecco confermata la previsione dell’alto debito pubblico (che certamente, anche prima della pandemia in corso, non è che viaggiasse a ritmi meno elevati) che si ritroverà l’Italia una volta uscita dal Covid -19.
La preoccupazione maggiore emerge però volgendo lo sguardo ai dati che riguardano la situazione in cui si trovano i più giovani due milioni di Neet– cioè coloro che non studiano e non lavorano);e l’universo femminile. Anche in questo ultimo caso la situazione pre – Covid era già piuttosto compromessa ed ora va (e andrà) ulteriormente peggiorando. Rimane inoltre alta l’attenzione per la possibilità del mancato rinnovo dei contratti per oltre dieci milioni di lavoratori (77,5% del totale),per l’inadeguatezza del sistema scolastico e formativo nella formazione delle competenze, per l’aumento della povertà e delle disuguaglianze.
E poi, come se non bastasse, c’è l’incognita della interruzione della cassa integrazione e la fine del blocco dei licenziamenti, provvedimenti più volte prorogati, ma che di certo non potranno essere eterni.
Sarà quello il momento di verifica della tenuta del sistema. La pandemia, dice il Rapporto del CNEL, ha colpito circa 12 milioni di lavoratori (sia dipendenti che autonomi), i quali hanno “subito” le conseguenze delle misure restrittive anti contagio.
>Il rischio di un’imponente ondata di licenziamenti e di mancati rinnovi dei contratti sarebbe un ulteriore che andrebbe ad accentuare, ancora di più, le criticità già esistenti: le divergenze e le disuguaglianze, sociali e territoriali, si amplierebbero e con esse crescerebbero i fenomeni negativi ad esse collegate come, ad esempio, l’economia sommersa.
La fase di transizione tra la fine della pandemia e l’inizio della “nuova vita” sarà particolarmente delicata dunque, a maggior ragione se si considera che l’impatto della crisi da Covid è stato intenso e profondo ed ha alterato il funzionamento del mercato del lavoro e dell’economia, a livello nazionale ed internazionale. Si dovrà ricostruire un nuovo sistema economico – sociale, ma le regole non saranno più quelle di prima e le risorse economiche da impiegare dovranno essere ben orientate ed utilizzate.
Soprattutto si dovrà recuperare fiducia, nel prossimo ma anche in se stessi, e superare rapidamente l’incertezza che da ormai un anno caratterizza le vite di ognuno. Un prolungamento dell’incertezza generale sarebbe infatti un muro quasi invalicabile che si opporrebbe alla ripresa sociale ed economica del Paese.