Insicurezza globale, incertezza economica e criminalità al vertice dei “pensieri” degli italiani. Economia, inefficienza, corruzione politica e immigrazione i temi che si ritengono più urgenti da trattare. La Germania più preoccupata dell’Italia rispetto all’immigrazione. Altamente preoccupante la visione sul futuro dei giovani e la scarsa fiducia nella ripartenza dell’ascensore sociale. Il 50% degli italiani si sente garantito rispetto al proprio lavoro, mentre un 45 enne su tre chiede di rendere più difficili i licenziamenti
L’insicurezza globale e incertezza economica sono le preoccupazioni degli Italiani e degli Europei.
Lo sostiene l’undicesimo Rapporto dell’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza, realizzato da Demos e Fondazione Unipolis con due ricerche demoscopiche: una con focus sull’Italia si propone di ricostruire i trend di lungo periodo della sicurezza tra i cittadini, l’altra coinvolge, oltre al nostro Paese, Francia, Germania, Regno Unito, Olanda e Ungheria e costituisce un approfondimento sul tema del lavoro
L’insicurezza globale, che va dall’inquinamento alle guerre, come si diceva, desta preoccupazione in tre persone su quattro e rappresenta la principale paura (75%).
A seguire, i maggiori pensieri arrivano dall’incertezza economica, che inquieta ben oltre la metà dei cittadini (62%). Gli italiani, in questo ambito, rivelano di aver soprattutto paura di perdere la pensione o di non riceverla mai (37%), di non avere abbastanza soldi per vivere (36%) e di perdere il lavoro (34%).
Le più colpite dalla paura derivante dall’incertezza economica sono le fasce di età intermedia, ovvero dai 25 ai 54 anni di età. Il loro livello di preoccupazione si attesta sopra la media (62%) di ben otto punti percentuali arrivando a sfiorare il 70%.
Se poi si prende in considerazione il “sentiment” filtrandolo per profilo professionale si vede che la preoccupazione tocca i massimi livelli tra gli operai e le casalinghe (81%), seguiti dai disoccupati (76%).
Le donne sono generalmente le più timorose, così come lo sono le persone sole.
Molti più italiani si sentono parte del ceto medio rispetto al 2014 e anche se la percentuale non è certo tornata ai valori pre-crisi (60%), nel 2019 ha recuperato al 50% dopo il 44% di cinque anni fa.
Dopo insicurezza globale e incertezza economica, la terza grande area di insicurezza è quella della criminalità, soprattutto organizzata, che preoccupa quasi quattro persone su dieci. L’insicurezza assoluta (26%), somma delle tre principali insicurezze (globale, economica e legata alla criminalità), si attenua di tre punti rispetto al 2017.
È una contrazione lieve, ma significativa perché, come si dice nel rapporto, “va a confermare un trend già emerso negli anni precedenti e oggi fa registrare il valore più basso dopo il picco del 2012”. Si assiste dunque ad una sorta di “normalizzazione emotiva”, perché “l’incertezza è certamente profonda, diffusa presso la popolazione di tutti i Paesi, seppur in misura diversa. Ma ha raggiunto, ormai, misure e caratteri noti”.
Cosa dice invece il Rapporto rispetto ai problemi da affrontare?
Anzitutto che l’economia è anche il tema che il 41% degli italiani colloca in cima alla lista dei “nodi da sciogliere” e che dopo questo aspetto si deve subito intervenire sull’inefficienza e la corruzione politica (22%), sull’immigrazione (11%). In particolare, il dato sull’immigrazione è in linea con la media dei sei paesi considerati nell’indagine europea, ma comunque lontano dal dato tedesco, dove il 20% delle persone indica proprio l’immigrazione come priorità.
Sempre guardando agli altri Paesi europei, quello che emerge dallo studio è che il grado di soddisfazione per le performance economiche coinvolge una parte minoritaria della popolazione in Ungheria (36%), in Italia e Francia (poco meno del 30%). Si sale al 48% nel Regno Unito e si supera la quota di sei persone su dieci in Germania (61%) e Olanda (67%).
Francia e Italia accomunate da giudizi più critici su aspetti specifici quali le opportunità di lavoro, il guadagno medio, la meritocrazia nelle carriere e l’occupazione giovanile.
Solo un tema è “altamente preoccupante” per tutti: si tratta della visione negativa sul futuro dei giovani
Infatti, solo una piccola minoranza immagina che la posizione sociale delle nuove generazioni possa migliorare rispetto al passato. In Italia addirittura solo il 7% crede nella ripartenza dell’ascensore sociale-generazionale.
Una sorpresa invece la si trova riguardo al mercato del lavoro e alla “stabilità”: più del 50% degli italiani (ma anche degli Olandesi e dei tedeschi) si sentono garantiti.
Tra chi invece si percepisce meno stabile si contrappongono due approcci diversi: da un lato coloro che descrivono il proprio lavoro come flessibile e dall’altro chi invece lo considera precario. Alcuni insomma ritengono che la stabilità lavorativa non dipenda dal contratto di lavoro, ma dalla propria preparazione e dal proprio approccio al mercato del lavoro.
Tanti però (il 27%) considerano la propria formazione non all’altezza del mercato del lavoro e così, per esempio, la metà dei 45enni invoca misure finalizzate a rendere più difficili i licenziamenti e a mantenere dunque il proprio posto di lavoro.