Nella nottata tra il 12 e il 13 gennaio è stata approvata dal Consiglio dei Ministri la proposta del così detto PNRR, ossia il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Con esso si puntano i riflettori sull’attuazione del programma Europeo Next Generation che va a integrarsi con il Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 che ha dovuto fare i conti, in fase di stesura, con le rovinose conseguenze della pandemia, in termini sia economici sia sociali. Senza contare la crisi di governo che si sta fronteggiando in questi ultimi giorni e che potrebbe metterne a rischio l’approvazione delle Camere e la successiva attuazione.
In seguito agli eventi degli ultimi giorni la situazione circa il così detto Recovery Plan si fa sempre più articolata e complessa. Ciò che è bene sottolineare, però, è la necessità di dare attuazione all’azione di rilancio del Paese che, per come era stato scritto il PNRR ha evidenziato obiettivi molto importanti connessi strettamente ai 3 assi strategici che detta l’agenda europea e che l’Italia ha sposato in toto, ossia la digitalizzazione e innovazione, la transizione ecologica e l’inclusione sociale.
Gli obiettivi che riguardano tutti e tre gli assi strategici appena nominati richiedono non solo lo stanziamento di cifre davvero alte affinché vi sia un cambio di rotta efficace, ma anche e soprattutto una trasformazione profonda degli assetti legislativi, che devono poter rendere nella prassi attuabile il cambiamento. Le missioni del Piano si dividono in 6 aree “tematiche”:
- digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura;
- rivoluzione e transizione ecologiche;
- mobilità sostenibile grazie a una ristrutturazione delle infrastrutture;
- istruzione e ricerca;
- inclusione e coesione;
- sanità.
In particolare, la fetta più ingente di questi fondi (poco meno di 69 miliardi di euro) sarà stanziata per l’area tematicariguardante la transizione ecologica e la rivoluzione verde: non solo puntando alla riduzione delle emissioni,ma anche migliorando l’efficienza energetica del Paese.
Come si legge sul sito del Dipartimento delle Politiche Europee, il Piano «impatterà positivamente sulle principali variabili macroeconomiche e sugli indicatori di inclusione, equità e sviluppo sostenibile attraverso i maggiori investimenti che attiverà direttamente e indirettamente e le innovazioni tecnologiche che introdurrà e stimolerà» e ciò frutterà, cosa da non sottovalutare, anche a livello di reputazione Paese.In totale si parla, dunque, di circa 220 miliardi di eurodi budget che saranno messi a disposizione per la realizzazione degli obiettivi prefissati in ciascuna delle sei macroaree: di essi, più di 140 miliardi serviranno a finanziare nuovi progetti, mentre la restante parte sarà utilizzata per cercare di rendere operativi quelli già in essere, che dovranno accelerare notevolmente per diventarloil prima possibile.
Tutto questo però è stato rimesso in discussione in questi giorni vista la necessaria riscrittura del Recovery Plan da parte del Parlamento (conseguenza inevitabile della crisi di governo). Dopo l’esame alle Camere, il Piano tornerà al Governo affinché l’esecutivo metta insieme le proposte di modifica per poirispedirlo nuovamente in Parlamento per quella che dovrebbe essere l’approvazione definitiva. Proprio adesso, dunque, il Piano sta facendo il giro di tutte le Commissioni per poi essere sintetizzato e approvato dalla Commissione di Bilancio.
Come ha dichiarato Paolo Gentiloni, Commissario europeo agli Affari Esteri, «il piano italiano è ampiamente convergente con i nostri obiettivi e politiche generali, ma deve essere discusso e rafforzato dal punto di vista delle riforme, delle raccomandazioni Ue, dei dettagli sul calendario e degli obiettivi che vogliamo raggiungere», il che vuol dire cercare di dare più forza al fronte delle riforme, soprattutto per quanto concerne l’amministrazione pubblica e la riforma della giustizia, tentando di diminuire al minimo inciampi burocratici che potrebbero poi bloccare le opere infrastrutturali da mandare a segno nei tempi dettati dalla Commissione Ue. L’Unione europea, infatti, è preoccupata circa un’ipotetica mancata sburocratizzazione italiana, che porterebbe all’impossibilità di rimanere nei tempi e dunque all’impossibilità di incassare le varie tranches del Recovery.
Insomma il Recovery Plan è uno strumento estremamente utile, portatore di modernizzazione e di cambiamenti importantissimi per l’Italia soprattutto in chiave di innovazione ed ecosostenibilità delle infrastrutture, ed è perciò fondamentale che Roma non perda tempo prezioso poiché ci resta circa un mese per finalizzare il Piano che deve essere notificato entro fine febbraio a Bruxelles. Rete ferroviaria veloce, trasporto locale sostenibile, portualità integrata, banda larga, 5G, ciclo integrato dei rifiuti, infrastrutturazione sociale e sanitaria del Mezzogiorno: sono solo alcuni dei progetti contenuti nel Recovery Plan e non possiamo permetterci, vista anche la difficile situazione del Paese, di rinunciare a realizzarli non accedendo, bocciati dall’Ue, all’incasso dei soldi europei.
Gianluca Piredda – CEO Piredda & Partners