Se in un primo momento si era prospettato un percorso più spedito della riforma, prefigurando addirittura l’ipotesi di un mancato passaggio parlamentare, non sembrano esserci dubbi sul fatto che il testo finale sulle autonomie verrà sottoposto al vaglio delle Camere, anche se rimane una grande incertezza sul come e soprattutto sul quando si svolgerà la discussione in Parlamento
di Maria Carla Bellomia
C’è da scommettere che la questione delle autonomie regionali, (ri)apparsa recentemente agli onori della cronaca, resterà oggetto di forte interesse per i prossimi mesi, quando si delineerà più chiaramente il futuro del discusso regionalismo differenziato e delle sue articolazioni, tema caldo più che mai al centro dell’agenda di Governo.
Per inquadrare correttamente la discussione in atto sulle nuove forme di autonomia differenziata, bisogna però tornare indietro alla fine della scorsa legislatura, quando su iniziativa delle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, a seguito dei referendum consultivi svoltisi nelle prime due Regioni, sono stati sottoscritti tre accordi preliminari: una sorta di pre-intese che hanno fornito la base negoziale per la definizione del contenuto definitivo dell’intesa con le Regioni interessate.
Gli accordi del febbraio 2018 prevedono che le intese abbiano una durata decennale, e che possano essere modificati in qualsiasi momento di comune accordo tra lo Stato e la Regione, nel caso in cui sopravvenga una situazione di fatto o di diritto che ne giustifichi la revisione.
Inoltre, come di recente manifestato anche dalla Regione Campania, non è da escludere che sulla scia dell’iniziativa delle tre Regioni del nord-Italia, altre Regioni che non hanno ancora concluso accordi preliminari con il Governo, intraprendano un analogo percorso per ottenere il riconoscimento di una autonomia rafforzata. Oltre alle Regioni che hanno già sottoscritto le pre-intese, sarebbero infatti pervenute al Governo anche le richieste di Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria e Marche.
Sulle materie oggetto del negoziato è ancora in corso la trattativa con il Governo: si parla per ora di tutela dell’ambiente, tutela della salute, di istruzione, di tutela del lavoro e di rapporti internazionali e con l’Unione europea. Questo è solo un primo elenco che potrebbe venire ulteriormente esteso ad altri ambiti, come confermato anche dallo stesso Ministro per gli affari Regionali, in vista della definizione dell’intesa, nel rispetto dei vincoli costituzionali.
L’art. 116, terzo comma, della Costituzione prevede infatti la possibilità che alle Regioni a statuto ordinario siano riconosciute ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in tutte le materie di competenza legislativa concorrente Stato-Regioni, così come sull’organizzazione della giustizia di pace, in materia di norme generali sull’istruzione e in ambito di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali: si parla in questo caso di “regionalismo differenziato” o “regionalismo asimmetrico” per distinguerlo dalle forme particolari di autonomia attribuite – sempre dall’art. 116 Cost. – alle Regioni a statuto speciale.
Non sarà però cosa semplice concludere in tempi brevi l’iter per il riconoscimento di forme di maggiore autonomia alle Regioni e definire le trattative tra Governo e Regioni attualmente aperte: il percorso che porta all’effettiva attribuzione di una autonomia differenziata alle Regioni richiedenti non è stato mai completato e, in assenza di una procedura standardizzata, il trasferimento di queste materie alle Regioni richiedenti rappresenterebbe una prima volta per la storia della Repubblica.
Conclusosi apparentemente con un nulla di fatto, l’ultimo Consiglio dei Ministri si è così limitato a “prendere atto”, a seguito di una serie di incontri bilaterali tra il Ministro per gli affari regionali e le autonomie Erika Stefani e i Ministri interessati, dei contenuti delle intese tra il Governo e le Regioni Veneto, Lombardia ed Emila Romagna. Sembrerebbe quindi procedere, seppur più lentamente del previsto, l’iter governativo sulla definizione delle intese con le Regioni a statuto ordinario, di cui però non sono stati ancora resi noti i testi definitivi.
Se in un primo momento si era prospettato un percorso più spedito della riforma, prefigurando addirittura l’ipotesi di un mancato passaggio parlamentare, non sembrano esserci dubbi sul fatto che il testo finale sulle autonomie verrà sottoposto al vaglio delle Camere, anche se rimane una grande incertezza sul come e soprattutto sul quando si svolgerà la discussione in Parlamento.
Saranno però con ogni probabilità gli aspetti finanziari a giocare un ruolo determinante nella definizione del percorso di autonomia, considerati gli effetti che le intese potrebbero avere sul Bilancio dello Stato. Il riconoscimento delle ulteriori competenze dovrà infatti essere accompagnato dal trasferimento delle risorse necessarie perché l’esercizio delle stesse sia effettuato in maniera autonoma.
Decisivo sarà quindi l’accordo con il Ministero dell’economia e delle finanze sulla parte generale relativa al finanziamento delle competenze da trasferire.
Una risposta potrebbe forse arrivare già oggi dal Ministro Stefani, chiamato a rispondere ad un question time della Lega proprio su questo argomento.