Verso reddito di inclusione vero e proprio. Ma serve piano pluriennale. Ugo Trivellato, (Scienze Statistiche Università di Padova), fa il punto con LabParlamento
di Valentina Magri
“Il REI non è una goccia nel mare, ma è un bicchiere pieno per un quarto. Non è una goccia nel mare perché operativamente si tratta di un intervento dell’ordine di 2 miliardi di euro e perché costituisce un tassello importante di un disegno complessivo per arrivare al reddito di inclusione sociale vero e proprio”. La pensa così Ugo Trivellato, professore emerito della Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università di Padova, cui LabParlamento ha chiesto un parere sul D.Lgs che introduce il REI (Reddito di Inclusione) dal primo gennaio 2018.
Ritiene che il REI sia un valido rimedio contro la povertà delle famiglie italiane?
“Il REI come è strutturato oggi, è a metà strada tra un sostegno per l’inclusione attiva e un reddito di inclusione vero e proprio. Ora come ora non è ancora un reddito di inclusione per il suo vincolo di bilancio: la legge che regola l’attuazione del reddito di inclusione prevede una soglia minima di reddito che varia a seconda del numero e delle caratteristiche dei componenti del nucleo familiare, dove il trasferimento statale dovrebbe coprire la differenza tra questo reddito minimo e il reddito percepito dalla famiglia. La legge sul reddito di inclusione dice che questa mèta sarà raggiunta per tappe, attraverso un piano pluriennale per arrivare a un intervento che dovrebbe costare circa 7-8 miliardi di euro. Il REI attuale è un primo passo, compiuto senza aver peraltro definito il piano pluriennale, obbligo cui finora il Governo Gentiloni si è sottratto”.
Come giudica l’inclusione nel REI non solo di benefici monetari, ma anche di un insieme di servizi alla persona? E le attuali strutture sono in grado di farvi fronte?
“È essenziale includere anche i servizi alla persona. Una parte dei beneficiari del REI saranno famiglie di immigrati con cui perseguire l’obiettivo importante dell’inclusione sociale, culturale e civica, mentre un’altra parte può essere portata o riportata al lavoro senza avere in mente traguardi irraggiungibili: a massimo il 30-40% beneficiari riesce a ricollocarsi, perché tra essi rientrano anche anziani, minorenni e persone con disabilità. Una parte significativa del bilancio del REI sarà dedicata a servizi alla persona, mentre prima era presente solo il sostegno monetario, mentre le azioni attive erano a carico dei Comuni. Le risorse stanziate devono essere tradotte in capacità di azione, collaborazioni e impegno organizzativo, attraverso collaborazioni di servizi sociali, unità sanitarie locali terzo settore, centri per l’impiego. Questa è una sfida molto importante e difficile”.
Cosa ne pensa della durata massima di 18 mesi del REI?
“La durata limitata del REI credo sia stata dettata da vincoli di bilancio. Non ci dovrebbe essere un limite temporale al REI, a mio avviso sensato solo per le persone in età lavorativa e in grado di lavorare, purché funzionino le azioni personalizzate di inserimento. Nel caso di una famiglia di 90enni senza pensioni consistenti, il REI ad esempio dovrebbe durare a vita”.
Nel caso in cui vengano stanziate nuove risorse nella Legge di Bilancio ritiene che sia più efficace allargare la platea dei beneficiari o aumentare l’assegno monetario e l’efficacia dei servizi?
“La storia del nostro paese è fatta di misure categoriali: perché ad esempio la misura include le famiglie povere con disoccupati over 55 ed esclude le famiglie con due giovani disoccupati, anche se sono più poveri di loro? Bisognerebbe invece adottare delle misure prendendo come parametro il grado di povertà nella famiglia, e cominciare assistendo i più poveri dei poveri, indipendentemente da altri criteri. Servirebbe un piano di legislatura con degli obiettivi ben precisi. Questo provvedimento è un banco di prova in vista della scadenza elettorale, con il rischio che il cambio di maggioranza al Governo lo annulli o lo modifichi. L’importante è che il Governo Gentiloni predisponga un approfondimento prioritario per definire un piano pluriennale per attuare la misura, definendo: un orizzonte temporale, un supporto tecnico-scientifico forte, un monitoraggio e una valutazione degli effetti di questa politica, in modo da attuare tempestive modifiche o inversioni di rotta in caso di necessità”.