Cresce ormai con evidenza il “partito” a favore dell’attuale premier. Obiettivo: recuperare voti incoronandolo anche prima del voto. Non sarà facile, però…
di Stefano Delli Colli
Ne avevamo parlato già a fine giugno, quando il “venticello” era assai debole. Adesso, passata la lunga calura estiva che di aria ne ha registrato molto poca, ha ripreso a soffiare più intenso. Ci riferiamo al favore crescente, ormai evidente nei sondaggi e confermato dal parlare nemmeno più tanto sottovoce nei corridoi politici e istituzionali, per l’investitura di Paolo Gentiloni a premier in pectore, avvicendando Matteo Renzi, nella corsa post urne qualora il risultato elettorale del Pd e l’assenza di una maggioranza certa, a questo momento assai probabile, lo rendessero praticabile per la decisione che sarà presa dal Capo dello Stato.
Avevamo sottolineato in quell’occasione che, su questa strada, spingevano alcuni elementi come, per esempio, la figura pacificatrice dell’attuale Presidente del Consiglio, di contro a quella troppo divisiva del segretario Pd; la possibilità che, attorno a Gentiloni, si potesse raccogliere una coalizione più ampia delle forze autosufficienti che sorreggono attualmente il fronte renziano; la buona prova dell’esecutivo ora in carica pure in una fase complessa, per fatti interni e non, e con una maggioranza vieppiù debole e ondeggiante, soggetta agli attacchi concentrici dell’opposizione dura e pura e di quella da “appoggio esterno” (leggasi Mdp).
A queste considerazioni, tutte valide ancora oggi, se ne aggiungono adesso delle altre. Molto importanti. Al primo posto il rafforzarsi della congiuntura economica favorevole, che rende meno improba la missione della prossima manovra economica autunnale la cui approvazione prima di Natale segnerà di fatto l’apertura della campagna elettorale. Nondimeno gioca pro Gentiloni l’appoggio interno al Pd, in salita e che ora esce allo scoperto. L’appoggio degli oppositori ufficiali a Renzi, Michele Emiliano nei giorni scorsi e Andrea Orlando sabato prossimo in occasione della convention correntizia romana, riaprono di fatto i giochi negli equilibri di partito. La presenza all’incontro tra gli altri del leader di Campo Progressista, Pisapia e del governatore del Lazio, Zingaretti, fa toccare con mano la consistenza della possibile alleanza. Ma per fare cosa?
Qui sta forse il fattore di maggiore novità di questa fase politica settembrina, le cui fondamenta tuttavia erano già da tempo facilmente prevedibili. Gentiloni potrebbe diventare il candidato premier non più solo di un post quanto del pre-urne. Questo consentirebbe di allargare il consenso elettorale del Pd che, per ora, non va oltre il terzo posto al voto dopo Centrodestra e M5S, che si stanno giocando il primato, consentendo al partito di restare comunque decisivo anche in caso di non vittoria.
Due gli ostacoli a questo progetto: l’attuale legge elettorale che non prevede coalizioni e l’opposizione strenua certa di Matteo Renzi che, pure, con Gentiloni continua a viaggiare (perché non potrebbe fare altrimenti) in sintonia.
Per il primo punto, non è escluso – si mormora da qualche giorno in ambienti governativi – che proprio dall’incontro di sabato possa arrivare qualche nuova proposta in tema di legge elettorale tale da provare a mettere in difficoltà il segretario Pd rispetto alla moral suasion da tempo in corso da parte del Quirinale . E comunque il disegno pro Gentiloni potrebbe essere perseguito anche senza modifiche alla legge elettorale. Quanto al secondo punto, appare evidente a tutti che, in caso di ampia sconfitta nelle elezioni siciliane, Renzi non potrebbe riproporre l’attuale ritornello sulla non valenza nazionale del risultato. Aveva provato a sminare anche l’effetto del referendum e si sa com’è finita. Le elezioni regionali, tanto più quelle siciliane che arrivano pochi mesi prima dello scioglimento delle Camere, hanno sempre avuto un significato nazionale. E allora, per Renzi, altro che “venticello” ci sarebbe da affrontare una vera e propria “tramontana”. Costringendolo ad accettare, in fondo, il male minore. Dall’altra parte, infatti, ci sarebbe soltanto la resa delle armi questa volta senza ritorni.