Si rafforzano le tutele per chi è vittima di revenge porn, l’odiosa pratica di diffondere in rete immagini sessuali senza il consenso degli interessati, spesso a scopo di ricatto o estorsione. Il Consiglio dei ministri del 7 ottobre scorso ha infatti introdotto, all’interno del Codice privacy di cui al D.Lgs. n. 196/2003, l’art. 144-bis, che prevede la possibilità – anche per i minori e le loro famiglie – di segnalare al Garante privacy la diffusione di proprie immagini sessualmente esplicite, carpite o inoltrate senza il loro consenso. Già previsto come reato dall’art. 612-ter del codice penale (c.d. “Codice rosso”), adesso l’impianto normativo si rafforza con la possibilità anche per le giovani vittime di segnalare tale pericolo.
Il revenge porn è la pratica, sempre più diffusa nella rete, che consiste nella pubblicazione – o nella minaccia di pubblicazione, anche a scopo di estorsione – di fotografie o video che mostrano persone impegnate in attività sessualio in pose sessualmente esplicite con i genitali esposti e in cui quello che si vede non era stato ritratto per essere mostrato in pubblico, e quindi senza il consenso della persona interessata, spesso in risposta alla chiusura di una relazione e dunque per vendetta di ex coniugi, compagni/e o fidanzati/e.
Il revenge porn è un fenomeno globale, ed è riconosciuto come reato in Germania, Israele e Regno Unito, e in trentaquattro Stati degli USA. Un fenomeno umiliante e lesivo dell’immagine e della dignità personale, che può condizionare la vita delle vittime nei rapporti sociali, ma non solo. Molte delle vittime di questo crimine hanno riferito agli psicologi che l’impatto della diffusione su larga scala di immagini scattate privatamente può essere paragonato a quello di una vera e propria violenza sessuale.
Il nuovo articolo introdotto dal Governo nel Decreto legge riguardante le Disposizioni urgenti per l’accesso alle attività culturali, sportive e ricreative, nonché per l’organizzazione di pubbliche amministrazioni e in materia di protezione dei dati personali (e che il Parlamento dovrà convertire nelle prossime settimane), stabilisce che «chiunque, compresi i minori ultraquattordicenni, abbia fondato motivo di ritenere che immagini o video a contenuto sessualmente esplicito che lo riguardano, destinati a rimanere privati, possano essere oggetto di invio, consegna, cessione, pubblicazione o diffusione senza il suo consenso in violazione dell’articolo 612-ter del Codice penale, può rivolgersi, mediante segnalazione o reclamo, al Garante, il quale, entro quarantotto ore dal ricevimento della richiesta, provvede ai sensi dell’articolo 58 del Regolamento (UE) 2016/679 e degli articoli 143 e 144».
Nella sostanza anche i minori di età superiore ai 14 anni potranno rivolgersi al Garante privacy il quale, dopo aver ricevuto la denuncia, potrà attivarsi compiendo indagini, rivolgere ammonimenti e infliggere sanzioni. Da questo si comprende come la segnalazione al Garante di nuova previsione non integra il reato di cui all’articolo 612-ter del Codice penale, che seguirà un iter diverso e parallelo.
Nella speranza che almeno questo tratto di penna del legislatore possa arginare il problema.