Ispra presenta il Rapporto 2018, con il neoministro dell’Ambiente, Sergio Costa
Di LabParlamento
Dopo gli anni della crisi economica, continua ad aumentare la produzione di rifiuti speciali in Italia. Nel 2016 aumenta del 2% rispetto all’anno precedente e raggiunge i 135 milioni di tonnellate, rispetto all’anno 2014 l’aumento è del 4,5%. Allo stesso tempo, l’Italia del riciclo è molto attiva: siamo tra i primi paesi europei per il riciclaggio dei rifiuti speciali, che nel 2016 raggiunge il 65%. Una buona notizia sul fronte dell’economia circolare.
Se i dati mostrano un buon lavoro sul fronte del riciclo, occorre investire di più su quello della “prevenzione” dei rifiuti speciali. Se ne producono ancora troppi e l’Italia è lontana dall’obiettivo fissato dal Programma Nazionale di Prevenzione del 2013, che prevede al 2020 una riduzione del 5% nella produzione dei “non pericolosi” e del 10% per i pericolosi, calcolati per unità di Pil al 2010.
I rifiuti speciali, generati da attività produttive, commerciali e di servizio, sono per quantità oltre quattro volte superiori a quelli urbani (135 milioni di tonnellate nel 2016 a fronte di oltre 30 milioni di tonnellate degli urbani). A crescere in modo particolare nel 2016 è stata la categoria dei “pericolosi”, che con oltre 9,6 milioni di tonnellate segna un +5,6% rispetto al 2015; più contenuto l’aumento dei “non pericolosi” che arrivano a 125 milioni di tonnellate (+1,7%).
Tra i rifiuti speciali, quelli del settore delle costruzioni e demolizioni costituiscono uno dei flussi più importanti in termini quantitativi: con oltre 54,8 milioni di tonnellate, rappresentano il 40,6% dei rifiuti speciali, seguiti da quelli prodotti dalle attività di trattamento dei rifiuti e di risanamento (27,2%) e dal settore manifatturiero (20,7%). La Lombardia è la regione che produce più rifiuti speciali: 29,4 milioni di tonnellate, pari al 21,8% del totale nel 2016.
La buona performance italiana sul fronte del riciclo si conferma nei dati di gestione dei rifiuti non pericolosi, dove la principale attività è il recupero di materia (89,4 milioni di tonnellate) nell’ambito del quale la forma prevalente è quello delle sostanze inorganiche (52,2 milioni di tonnellate). La performance può essere ulteriormente migliorata con un incremento quali-quantitativo del riciclaggio, anche attraverso la definizione di criteri end-of-waste, per esempio per i rifiuti da costruzione e demolizione, in linea con i principi dell’economia circolare. Il riciclaggio di qualità consente, infatti, di reimmettere materiali nei cicli produttivi, riducendo al contempo il ricorso allo smaltimento, in particolare a quello in discarica. Per quest’ultimo si registra un aumento del 7,9% (887 mila tonnellate) rispetto al 2015, a fronte di una progressiva diminuzione del numero totale delle discariche operative, che passano da 392 nel 2014 a 350 nel 2016.
Nel 2016 la quantità totale di rifiuti speciali esportata all’estero, pressoché stabile rispetto al 2015, è pari a 3,1 milioni di tonnellate, di cui 2,1 milioni di tonnellate sono non pericolosi e 1 milione di tonnellate sono pericolosi; in particolare, tali rifiuti provengono da impianti di trattamento dei rifiuti e sono inviati principalmente in Germania. I rifiuti speciali importati da altri Paesi, per la maggior parte metallici, aumentano dello 0,9% e provengono soprattutto da Germania, Austria e Ungheria. Sono pari a 352 mila tonnellate i rifiuti contenenti amianto prodotti in Italia nel 2016, costituiti per il 93,5% da materiali da costruzione contenenti amianto. La forma di smaltimento prevalente per quest’ultima tipologia di rifiuti pericolosi rimane la discarica (85,5% del totale gestito). Un quantitativo rilevante (circa 118 mila tonnellate) viene esportato in Germania.
Disponibili online tutti i dati sulla produzione e gestione (riciclo, recupero e smaltimento) dei rifiuti speciali in Italia, aggiornati al 2016, nelle singole regioni. Quest’anno sono state inserite anche le informazioni sugli impianti di trattamento, divisi per tipologia, e la produzione di rifiuti per attività economica.