Ancora un passo avanti nella realizzazione del c.d. “diritto all’oblio”, ovvero la possibilità per chiunque (a determinate condizioni) di essere dimenticati dal web, con la conseguenza di impedire ai motori di ricerca di ripescare in rete notizie relative a fatti passati che li riguardino direttamente.
L’articolo 1, comma 25 della recente delega al Governo approvata dal Parlamento in materia di riforma del processo penale introduce una specifica previsione in base alla quale il decreto di archiviazione, la sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione costituiranno titolo per l’emissione di un provvedimento di deindicizzazione della notizia dal web, affinché si possa garantire e rendere effettivo il diritto all’oblio degli (ex) indagati o imputati.
Nato come diritto di matrice giurisprudenziale per mezzo dell’intensa attività della Corte di giustizia dell’UE, il diritto all’oblio è stato codificato con il Regolamento (UE) n. 2016/679 sul trattamento dei dati personali (noto come GDPR). Infatti, all’interno di questa corposa materia, l’art. 17 del GDPR introduce un espresso riferimento al diritto ad essere dimenticati, attraverso la cancellazione dei propri dati personali ovunque essi si trovino.
Adesso, grazie alla specifica delega parlamentare demandata al Governo, ogni imputato sollevato dall’accusa penale avrà la possibilità – contestualmente alla sentenza – di chiedere che ogni riferimento a quella vicenda giudiziaria, conclusasi in un nulla di fatto, venga per sempre scordata dalla Rete.
Ma il diritto all’oblio (o, come meglio chiamato, alla “deindicizzazione”) è in continua e costante evoluzione ad opera dei giudici. Recentemente la giurisprudenza ha precisato che il diritto di ogni persona all’oblio deve essere bilanciato con il diritto della collettività all’informazione, sicché, qualora sia pubblicato sul web un articolo di interesse generale ma lesivo dei diritti di un soggetto che non rivesta la qualità di personaggio pubblico, può essere disposta la “deindicizzazione” dell’articolo dal motore ricerca, al fine di evitare che un accesso agevolato e protratto nel tempo ai dati personali di tale soggetto, tramite il semplice utilizzo di parole chiave, possa ledere il diritto di quest’ultimo a non vedersi reiteratamente attribuita una biografia telematica, diversa da quella reale e costituente oggetto di notizie ormai superate (cfr. Corte di Cassazione, Sez. 1, Ordinanza n. 15160 del 31/05/2021).
La riforma del processo penale è in discussione dal marzo 2020. Presentato dal Governo Conte II, i lavori si sono protratti sino all’insediamento del Governo Draghi, il quale nel marzo 2021 per mezzo del Ministro della giustizia Cartabia, ha disposto una Commissione di studio per elaborare alcune proposte di riforma su tale materia (c.d. Commissione Lattanzi). Sulla scorta di questi lavori preliminari, nel luglio di quest’anno il Governo ha presentato una serie di emendamenti al testo originario e, dal confronto parlamentare, il testo si è arricchito anche della previsione di una norma dedicata all’oblio. Adesso la speranza di tutti è che, nel decreto delegato, essa non venga “dimenticata” da Palazzo Chigi.