In Italia il calo dei consumi di energia e delle emissioni non è stato legato a cambiamenti strutturali, ma alla debole attività economica. Rapporto Enea
di LabParlamento
Nel 2016 l’Italia ha raggiunto con quattro anni di anticipo gli obiettivi europei di fonti rinnovabili sui consumi finali di energia (con il 17,6% contro il 17% al 2020), l’elettricità prodotta è stata più green grazie al maggiore utilizzo di gas (+13%) e al forte calo del carbone (-21%) e i consumi di energia sono rimasti stabili. È quanto emerge dall’Analisi Trimestrale del Sistema Energetico dell’Enea che, in una nota, evidenzia tuttavia diversi elementi di preoccupazione come il rallentamento della crescita delle rinnovabili, il peggioramento delle prospettive di decarbonizzazione post-2020 e il persistente elevato livello dei prezzi dell’energia, con evidenti ripercussioni sulla competitività delle nostre imprese.
Infatti, nonostante il calo del 5% registrato nel 2016, il costo del kilowattora per le industrie italiane resta fra i più alti d’Europa. Lo stesso accade per i prezzi del gas che sono diminuiti, ma meno che negli altri principali Paesi europei, penalizzando soprattutto le piccole utenze che pagano il 15% in più rispetto alla media-Ue e che, nel 2016, hanno visto allargarsi ulteriormente la forbice con le grandi utenze a livello nazionale, arrivando a pagare un prezzo quasi doppio.
Non poche criticità riguardano poi le prospettive di decarbonizzazione nel medio-lungo termine: nel 2016 le emissioni di CO2 sono tornate a diminuire (-0,8%) e gli obiettivi al 2020 sembrano a portata di mano; tuttavia, un’analisi più approfondita rivela che i target al 2030 potrebbero porre difficoltà soprattutto nel settore dei trasporti e del riscaldamento degli edifici. “L’elemento di novità che emerge dalla nostra analisi – spiega il ricercatore Enea, Francesco Gracceva – è proprio questo: il ‘rischio 2030’ tenuto conto che, a differenza di altri Paesi, in Italia la forte diminuzione dei consumi di energia e delle emissioni di CO2 degli ultimi anni è stata legata non tanto a cambiamenti strutturali ma alla diminuzione dell’attività economica. Un altro segnale cui prestare forte attenzione è la riduzione dei tassi di sviluppo delle rinnovabili riscontrata negli ultimi anni”.
Non solo: lo stop dei reattori nucleari francesi a fine 2016/inizi 2017 ha spinto la domanda di punta del gas quasi ai massimi storici di 5 anni fa e rivelato che l’overcapacity del sistema elettrico italiano è meno ampia di quanto non si credesse. Dall’insieme di questi elementi deriva una riduzione dell’indice Enea-ISPRED (Indice Sicurezza, Prezzi dell’Energia e Decarbonizzazione) da 0,53 a 0,51 su base annua, a sottolineare il “leggero peggioramento” nel grado di soddisfacimento del ‘trilemma energetico’, ovvero coniugare prezzi bassi, alta sicurezza, forte decarbonizzazione.
Il 2016, infine, è stato l’anno della ripresa dei prezzi del petrolio, ma diversi segnali fanno pensare che difficilmente possano tornare su livelli molto più elevati degli attuali, ammesso che non tornino a scendere. In Italia l’import mantiene un elevato grado di diversificazione, con un forte aumento dal Medio Oriente e la drastica riduzione dall’Africa; in forte calo la produzione nazionale (-41%) per il blocco degli impianti in Val d’Agri (peraltro ora superato). Per quanto riguarda il gas, invece, a livello nazionale sono in ripresa le importazioni dall’Algeria e in leggero calo quelle dalla Russia, mentre nel resto d’Europa nel 2016 le esportazioni russe hanno raggiunto il massimo storico grazie a prezzi ai minimi degli ultimi 12 anni.
“Dall’Analisi – conclude Gracceva – emerge un’altra questione di rilievo: l’andamento delle tre componenti dell’ISPRED mostra che, negli ultimi anni, i miglioramenti su un aspetto del trilemma sono stati spesso compensati da peggioramenti su un altro. Nei prossimi anni, quindi, una delle principali sfide per i policy maker sarà quella di riuscire a coniugare obiettivi che potrebbero anche risultare in contrasto tra loro”.